“Vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare”. Leggere questa prima fase della prefazione al Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune mi ha riempito di gioia!
Che delle autorità mussulmane riconoscano, nero su bianco, che siamo tutti fratelli è una grande conquista. Si sottolinea, infatti, nel documento: “Nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli”.
“Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani”.
In Bangladesh ho ascoltato l’esperienza di molti cristiani discriminati escusivamente a motivo della loro religione (studenti, lavoratori nelle fabbriche, impiegati in ufficio…) e anche a me è capitato qualche volta di percepire una certa diffidenza per il fatto di essere cristiana.
Sicuramente ho anche tantissime esperienze positive di relazioni con mussulmani, relazioni di stima e apprezzamento. Moltissimi, proprio perché sono suora, mi chiedono preghiere; dimostrando quindi di credere che Dio è Uno e che ascolta chiunque si rivolge a Lui con fede al di là della religione professata.
Ma l’essere considerati “fratelli” va oltre ad un rapporto di stima, si parla quasi di un rapporto di sangue! Percepisco realmente questo come una grande conquista, da ambo le parti ovviamente, perché i pregiudizi da abbattere sono presenti sia in noi che in loro. Per questo nel documento si parla di “dialogo come via, collaborazione comune come condotta, conoscenza reciproca come metodo e criterio”.
In Bangladesh è praticamente impossibile non incontrare mussulmani, non confrontarsi con loro, non collaborare con loro e questa è una grande ricchezza, un’opportunità per crescere nella fede e in umanità.
Mi è capitato di raccontare la mia storia vocazionale ad un ragazzo mussulmano (chiamata ad essere missionaria e, con molta gioia, di esserlo in un paese mussulmano) e percepire che capisse l’importanza del mio rapporto con Gesù; ugualamente lui ha condiviso come si impegna a vivere alla presenza di Allah. Sono rimasta commossa per la sua fede.
Allo stesso tempo, ascoltando le motivazioni e i valori dei volontari mussulmani che dedicano tempo ai ragazzi di strada, degli insegnanti nelle nostre scuole, delle tante persone semplici che si mettono a disposizione nel momento del bisogno, sicuri che Allah vede e ci chiede di essere misericordiosi come Lui, mi ha spronato ad essere più generosa nel servizio e nell’amore.
La condivisione delle nostre esperienze di fede, il lavorare insieme per migliorare la vita dei più svantaggiati ci permette di diventare consapevoli dei nostri pregiudizi, di saper riconoscere quanti valori sono presenti negli altri, quanto abbiamo bisogno di imparare dagli altri come affidarci a Dio, come servire i fratelli.
La dichiarazione tocca tutti gli ambiti della nostra vita, tutte le situazioni in cui, come credenti o meglio come membri della stessa famiglia umana, siamo chiamati a dare il nostro contributo e accogliere il contributo altrui senza sminuirlo o disprezzarlo per costruire una pace duratura. Ciascuno è chiamato a fare spazio all’altro, a conoscerlo, ad accoglierlo, a entrare nel suo modo di vedere la vita per camminare insieme verso Dio.
sr. Annamaria Panza, Provincia Bangladesh