Anche questa mattina è arrivato “le monsieur des bouteilles”, il signore delle bottiglie, nome altisonante per questo giovane uomo in tuta da lavoro alla guida di una scassata camionetta. Viene circa una volta alla settimana, d’estate un po’ più spesso perché fa caldo e si beve di più. Non porta bottiglie piene, ma ritira bottiglie di plastica vuote, schiacciate e raccolte in 5 grandi sacchi nel giardino della Maison Diocesaine. Le carica sulla sua camionetta e le trasporta alla fabbrica dove le riciclano.
È cosi importante? Per noi, qui ad Algeri, sì. La raccolta delle bottiglie di plastica fa parte delle attività del Foyer des Jeunes, un centro di aggregazione per bambini che ha sede nel giardino della Maison Diocesaine. È una sfida educativa.
In Algeria il consumo di plastica è altissimo, soprattutto bottiglie e sacchetti, che di solito finiscono poi per terra. Durante il mio primo viaggio verso il deserto in bus, il passeggero davanti a me ha aperto il finestrino e buttato fuori la bottiglia di plastica che aveva appena finito di bere. Ho guardato, stupita, la mia vicina che mi ha risposto, con un sorriso, “Normale, guarda quante ce ne sono già”. Già, ce ne sono davvero tante. Come dice il Papa, educare all’alleanza tra umanità e ambiente è una sfida educativa.
E quindi, come ogni sfida, ha diversi livelli.
Iniziamo con i bambini che vengono alla Maison Diocesaine per diverse attività a cui spieghiamo perché raccogliamo bottiglie di plastica, perché è bene proteggere l’ambiente e avere cura della natura. Li invitiamo a fare anche loro a casa una piccola raccolta differenziata di bottiglie, che possono poi portare al centro di raccolta quando vengono per le attività. Non sono solo i nostri bambini che depositano le bottiglie, sempre più persone vengono, si informano, ritornano.
Sembra già tanto, eppure il Papa ci aiuta a capire che incoraggiare comportamenti ecologici non basta. Una vera educazione deve arrivare a far maturare delle abitudini [211]. “È nobile assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita”. E la stessa differenza che c’è tra fare una buona azione ed essere persone buone, è la pratica ripetuta della buona azione che ci struttura con un’attitudine positiva verso gli altri, ci rende accoglienti… ci fa amare i fratelli. È la pratica ripetuta di gesti ecologici, di attenzione al creato che creano in noi una sensibilità ecologica, ci dispongono a un’etica ecologica di solidarietà e responsabilità [210]. Il gesto è importante, che sia riciclare plastica, vetro e carta, o ridurre il consumo di acqua. Quando il gesto diventa la manifestazione dell’auto-trascendersi, della capacità di uscire da se verso l’altro, quando diventa scelta di uno stile di vita alternativo, indica e realizza la possibilità di un cambiamento nella società. [208]. L’educazione aiuta in questo cammino, dal gesto singolo allo stile di vita. Per questi invitiamo i bambini a portare le bottiglie tutte le settimane, fino a quando per loro questo diventa normale, abitudinario. E sono capaci di coinvolgere anche e loro famiglie, perché l’educazione non passa necessariamente dall’adulto al bambino ma anche viceversa. Una mamma mi ha raccontato che suo figlio ha insistito per mettere un sacchetto in casa per raccogliere le bottiglie, per poterle portare al Foyer più facilmente. Con candore, lei ammette di non averci mai pensato.
Educare è anche aiutare a pensare, ad essere creativi, a lasciare che la fantasia emerga. Anche in campo ecologico. Infatti, come dice il Papa, “facendo crescere le capacità peculiari che Dio ha dato a ciascuno, la conversione ecologica lo conduce a sviluppare la sua creatività e il suo entusiasmo”[220]. Abbiamo un gioco dove i bambini imparano i diversi processi di riciclo dei materiali, capiscono che carta, vetro, plastica hanno sistemi di riciclaggio diversi. Quando per avanzare nel gioco devono dare esempi di comportamenti ecologici o, al contrario, di non rispetto della natura, hanno delle idee brillanti, a volte irrealizzabili, ma creative.
Siamo andati con un piccolo gruppo a visitare la fabbrica dove riciclano le bottoglie per farne un filo usato per confezionare pile o tessuti monouso. L’idea era di mostrare ai bambini un esempio, far vedere che è possibile riciclare, come si fa e cosa si ottiene. Il frutto è stato ascoltare i loro sogni di cos’altro si potrebbe produrre, in che modo, come si potrebbero ridurre gli sprechi.
Certo, la situazione è complessa e, come suggerisce il Papa, non basta che ognuno sia migliore per risolverla. Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie [219]. Reti comunitarie sono tutti i tentativi di creare relazioni, associazioni, di invitare altri a cambiare stile di vita. E di solito iniziano in modo semplice, come con Amina che, dopo una chiacchierata cominciata con le bottiglie che è venuta a lasciare, mi ha chiesto “posso dirlo alle mie amiche?”, o Susi che chiede se possono creare anche da loro un centro di raccolta.
L’educazione ecologica porta a creare una cittadinanza ecologica [211], a sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo [230]. Questo capitolo dell’enciclica ci invita a educare e a lasciarci educare a una spiritualità ecologica che passa anche dal riciclaggio delle bottiglie di plastica.
sr. Giovanna Magni, Comunità Algeria