Ho ascoltato una recente intervista a Gemma Capra, moglie del commissario di polizia Luigi Calabresi, assassinato sotto casa a Milano nel 1972 da un commando armato. Intervistata dal figlio Mario Calabresi, noto giornalista, ripercorre la sua vita: dopo nemmeno tre anni di matrimonio, a 25 anni si trova sola con due bimbi piccolissimi e il terzo in arrivo. Con coraggio fa il possibile per non far crescere i suoi figli nel rancore e nell’odio per l’ingiustizia subita.
L’attualità mi scuote con fatti caratterizzati dalla stessa drammaticità, per la violenza, l’irresponsabilità e il disprezzo della vita, le logiche assurde che si perpetuano nelle generazioni.
Vicino a casa: 14 persone precipitano nel vuoto e perdono la vita su una funivia in un giorno di festa sul lago Maggiore, perché la sicurezza e la vita umana sono state barattate con interessi privati; a Prato, una giovane mamma lavoratrice non torna più a casa perché risucchiata da una macchina in una fabbrica tessile, probabilmente per scarse protezioni.
Dall’altra parte del mondo: in Myanmar due giovani cattolici, Alfred Ludu e Patrick Boe Reh, vengono uccisi dai militari mentre recuperano cibo per gli sfollati. Il loro olocausto si unisce a quello di centinaia di persone che in Myanmar non vogliono piegarsi all’ingiustizia…. Ciascuno potrebbe continuare facendo memoria di situazione che feriscono l’anima.
Penso a queste vite interrotte, inaspettatamente e ingiustamente finite; quanti progetti rimasti a metà, desideri solo abbozzati, pensieri di riconciliazione non compiuti! Tutto sconvolto in pochi secondi. E sono sconvolta anch’io al ricordo di tante persone che ogni giorno si aggiungono al numero di chi deve fare i conti con le conseguenze di queste gravi ingiustizie che segnano per sempre la vita, procurando la perdita violenta di persone care, la privazione della libertà, l’esclusione, la violazione della propria intimità. Innumerevoli volti per i quali si apre un lungo cammino di guarigione, un lento percorso nel quale sperare di poter attingere alle risorse migliori e di poter contare sulla comprensione amorevole di altri, vivendo una vita il più possibile normale.
Tornando alla testimonianza di Gemma Capra: come ha reagito nella sua vita? Dice di aver portato la memoria di quanto accaduto nella vita di ogni giorno e, alla ricerca di segni di verità e giustizia, ha iniziato la faticosa strada del perdono.
Papa Francesco nella lettera Enciclica Fratelli Tutti fa un’affermazione interessante a proposito dell’importanza di processi concreti per la pace. Effettivamente nel cuore di tante persone colpite da queste ingiustizie c’è la guerra, la rivolta, la protesta, la volontà di vendetta; la pace – dice papa Francesco – potrà nascere come frutto di un processo, di “trasformazioni artigianali operate dai popoli” (FT 231); la pace, non è solo frutto di negoziazioni ufficiali fatte da altri, ma risultato prezioso che nasce dall’esperienza e dalla sofferenza di ogni persona che ha sofferto ingiustizia e che può pensarsi come “artigiana di pace”.
Ciò mi interpella personalmente, mi invita a non sottrarmi alla sfida, inserendomi in quel “popolo” sofferente; io e voi quasi certamente abbiamo nel cuore una sofferenza per un’ingiustizia subita, piccola o grande, che sanguina e che chiede “giustizia”. Mi sembra, questa, una grande chiamata a trovare la strada per trasformare questa sofferenza in un cammino di pace e anche di perdono.
Come missionaria mi piacerebbe che questo fosse un cammino della missione oggi: dentro i dolori e le lotte del “popolo” mettersi accanto a chi soffre ingiustizia e compiere con pazienza e speranza i passi promettenti che papa Francesco ci indica come artigiani di pace: riconoscere la verità dei fatti; considerare l’altro, nonostante tutto, per la promessa che come persona umana porta in sé; evitare generalizzazioni ingiuste; superare il male con il bene per far crescere la bontà dentro di sé. (FT 226-236)
Il perdono, alla fine, sgorgherà dal nostro cuore? Gemma Capra, in quegli anni incredibili, non era sicura di avere la forza di perdonare, nonostante un serio cammino di fede, e ha fatto come ha fatto Gesù; ha chiesto al Padre, origine del perdono, di perdonare a nome suo e nostro: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.
Sr. Marilena Boracchi