Gesù - aderenza alla realtà

Più che una scelta, all’inizio della vita di Gesù, l’adesione alla realtà è stata assimilata nel grembo di Maria, tra scossoni e sobbalzi, nel lungo viaggio a dorso di un asino, da Nazareth a Betlemme, per obbedire al decreto di Cesare Augusto di censire tutta la terra (Lc 2,1-5). E quando i piedi del Figlio di Dio toccarono terra, non fu certo il liscio pavimento dei palazzi imperiali o del tempio di Gerusalemme a sostenerli, ma aderirono alla durezza e rugosità di una mangiatoia al nascere, alla polvere della Palestina durante gli ininterrotti viaggi del suo ministero itinerante, al legno della croce al termine della sua vita.

La concretezza della realtà è inevitabile in un villaggio povero e sperduto come Nazareth, in cui la vita è una lotta e un dono quotidiano del cielo; è in questa realtà che Gesù, a contatto con la natura, contemplerà i gesti della semina, i fiori del campo e gli uccelli del cielo, il lievito nell’impasto tra le mani di Maria, i pastori che contano le pecore al tramonto e le chiamano una a una per farle uscire dal recinto al mattino. Da questo sguardo contemplativo sulla realtà, maturato durante gli anni della fanciullezza, Gesù attinge per raccontare del Regno di Dio, del Padre e della sua stessa vita alle folle. Gesù sceglie appunto il linguaggio parabolico nell’annuncio del Regno di Dio, che parte dalla realtà pur per certi versi discostarsene, per aiutare i suoi ascoltatori a comprendere, a coinvolgersi, a prendere posizione, a sentire la paternità di Dio, avvertirne la sua vicinanza.

Questa scelta missionaria diviene anche la bussola dei suoi incontri: non si sottrae alle folle che lo investono dopo il tramonto del sole, chiedendo di curare gli infermi e indemoniati (Mc 1,32); non evita la cruda realtà di un uomo dalla mano paralizzata nella sinagoga in giorno di sabato, anzi lo chiama in mezzo a tutti perché questo grido muto di salvezza interpelli i presenti (Mc 3,1-6); non si sottrae alla durezza delle calunnie degli scribi e dottori della legge (Mc 3,22ss), al tocco delle donne impure (Mc 5,27 e Lc 8,37-39), non si sottrae neppure al suo destino che pian piano si apre dinanzi a lui, di essere rifiutato, di dover soffrire molto e venire ucciso (Mc 8,31), ma vi aderisce indurendo il suo sguardo nel dirigersi verso Gerusalemme.

E da buon Maestro, Gesù cerca di orientare anche i suoi discepoli all’adesione alla realtà: smascherando eleganti fughe e riportandoli ad assumere le proprie responsabilità di fronte alle folle affamate e stanche (Mt 14,13-20); invitandoli ad una libertà di figli superiore alla legge del sabato (Lc 6,1-5); riportando bruscamente sulla terra le idee di onnipotenza messianica di Pietro (Mt 16,21-23) e le mire di carriera dei figli di Zebedeo e della loro madre (Mt 10,20-23).

Ma l’adesione più profonda alla realtà, alla nostra realtà umana, creaturale, fragile e limitata è forse la più difficile da imparare e da vivere. Quel sospetto introdotto nei nostri progenitori dal padre della menzogna (Gn 3,1-5) ci spinge a scelte innaturali, in una competizione continua con Dio, con i fratelli e le sorelle, in un accaparramento di cose, ruoli, affetti per coprire la paura della nostra nuda realtà. Gesù è venuto anche per questo, per “riaprirci quella via e ridarci la possibilità di innestarci nuovamente nella nostra condizione originaria di pace e armonia creaturale” (G. Forlai, Il mondo rovesciato, Ed. San Paolo).

Sr. Silvia Serra, Direzione Generale

Sr. Silvia Serra Missionaria dell’Immacolata nel sud del Brasile per 17 anni, ha approfondito gli studi biblici al Centro Ecumenico di Studi Biblici (CEBI) di San Paolo, e ha conseguito la specializzazione in consulenza biblica presso l’università EST di San Leopoldo, Rio Grande Do Sul. Attualmente è a servizio dell’ufficio storico della congregazione.

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