Il prossimo viaggio di Papa Francesco accende i riflettori su quattro Paesi in due continenti: Indonesia, Timor Est e Singapore, in Asia, e Papua Nuova Guinea, in Oceania. Quest’ultima, alla quale dedichiamo ampio spazio, è cara al Pime per la presenza attuale di missionarie e missionari e per essere stata, nel lontano 1852, la prima meta del nascente Istituto di Milano. Allora come oggi può sembrare un luogo remoto ed estraneo alle questioni più scottanti. Ma per noi – ed evidentemente per il Papa – nessun luogo è lontano. Si tratta di un Paese giovane, con una sorprendente vitalità, grande bellezza paesaggistica e una straordinaria ricchezza culturale, antropologica e linguistica. Ma queste potenzialità non si sono ancora pienamente espresse. La visita di Francesco può essere per le comunità cristiane e per i popoli di questa nazione un’iniezione di fiducia e speranza.

In Asia la prima tappa del Papa sarà l’Indonesia, dove una significativa comunità cattolica vive la fede nella nazione con la popolazione musulmana più numerosa al mondo. E dove il Pime stabilirà una nuova presenza insieme agli Istituti missionari sorti in Asia grazie allo stesso carisma. Timor Est è un Paese piccolo, nato da una sanguinosa separazione dall’Indonesia: la comunità cattolica, fortemente impegnata per l’indipendenza, è erede dell’antica presenza portoghese e affronta difficili sfide sociali. Infine, Singapore è una città-Stato dove, a fianco della popolazione di origine malese, c’è una numerosa comunità cinese. Tre realtà diversissime tra loro che rappresentano la varietà e la complessità dei subcontinenti asiatici.

Mi capita di leggere che l’attenzione del Papa verso l’Asia sia giustificata dalla decrescita della pratica della fede nel “mondo occidentale”. Non credo sia così: il Vangelo è un dono che la Chiesa offre senza calcoli di ritorno. In Asia e Oceania i cristiani vivono sfide non meno gravi che in altre aree: il dialogo con le grandi tradizioni spirituali nate in India e con l’islam; l’incontro della fede con le “culture radicalmente altre”; la consapevolezza di non essere una potenza ma comunità modeste e dai destini incerti; la presenza in luoghi considerati a volte marginali rispetto alle strategie del mercato e del potere.

Gesù descrive il suo messaggio in immagini che lì sono immediatamente comprensibili ed eloquenti: il chicco di grano, il granello di senape, il lievito nella pasta… Il valore di una vita secondo il Vangelo non si misura sui numeri, ma sulla qualità della testimonianza di fede. Il beato Paolo Manna – missionario in Asia – ci ricorda che la missione non è una «macchina che fa cristiani». Essa è l’annuncio libero e forte del Vangelo della vita, della giustizia e della pace, offerto a chi liberamente lo accoglie.

Gianni Criveller, Mondo e Missione di agosto-settembre 2024

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