In questa prima domenica di luglio il Vangelo ci ricorda qualcosa di essenziale per la nostra vocazione cristiana e ancor più missionaria.
“I settantadue inviati tornarono pieni di gioia, dicendo: “Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Non rallegratevi però perché i demoni vi si sottomettono; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc 10,17-20).
A tanto legittimo entusiasmo Gesù risponde così: «Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». (Lc 10,20). Credo che l’intenzione di Gesù non fosse quella di gelare i suoi inviati, né di spogliarli della loro giusta soddisfazione, bensì quella di rimandarli a qualcosa di più ampio e stabile rispetto alla gioia pur grande di quel momento.
Forse voleva ricordare loro che, al di là del risultato della missione, al di là di quello che umanamente rimane, permane sempre e soprattutto una certezza: i nostri nomi sono scritti nei cieli!
Non ci è dato di saper che cosa intendesse veramente Gesù con questa espressione… ma è certo che per il dono della vocazione missionaria, siamo stati chiamati ad allargare il nostro orizzonte non solo alle dimensioni della terra, ma anche a quelle del cielo.
E’ là che sono riportati i nostri nomi, più che nei paesi di missione dove siamo stati inviati.
Mi piace pensare, però, che Gesù non abbia fissato i nostri nomi in cielo una volta per sempre… ma che continui a farlo ancora, ogni volta che qualcuno parlando con lui o pregando gli presenta il nostro nome, la nostra vita. Se ci pensiamo è l’operazione che facciamo ogni volta che preghiamo per qualcuno: portiamo i loro nomi in cielo. E allo stesso modo, ogni volta che qualcuno prega per noi, innalza il nostro nome fino a Dio. Forse sta in questo la vera beatitudine e la gioia dei missionari.
I nostri nomi, quindi, sono scritti in cielo o nel libro della vita anche attraverso coloro che abbiamo conosciuto e soprattutto coloro che ci hanno preceduto e ci hanno voluto bene: anche loro hanno portato e porteranno i nostri nomi in cielo. Non posso non pensare che per la vita e la preghiera di tutti costoro anche i nostri nomi non siano arrivati fin lassù.
E i tanti sconosciuti? Che ne è di tutti coloro che nessuno ricorda?
Li ricordiamo anzitutto attraverso queste pagine, come un passaggio obbligato prima che raggiungano il cielo: vogliamo ricordare i minori abbandonati o violentati, gli indigeni spogliati della loro dignità e delle loro terre, i migranti, i profughi della Giordania, tutti gli assetati di giustizia ai quali abbiamo voluto dedicare la copertina di questo numero, ma per i quali vogliamo soprattutto presentare fin d’ora la nostra preghiera e far scrivere per loro i loro nomi in cielo.
Usiamo il tempo di vacanza che ci è dato anche per questo: ricordare gli ultimi, gli sconosciuti. Chissà mai che ci serva come sconto per la nostra quotidiana indifferenza.
sr. Antonia Dal Mas, Provincia Italia