Marzia, oggi animatrice e compagna di viaggio di altri giemmini, ci racconta brevemente come il cammino di Giovani e Missione l’abbia portata a confermare la sua scelta di volontaria del 118 e ad aderire ad un’attività notturna con la Caritas per il sostegno di chi ha intrapreso la via della prostituzione.
Ho seguito il cammino di Giovani e Missione qualche anno fa; un’esperienza che aveva messo a nudo le mie fragilità e che mi aveva permesso di guardarmi dentro e scoprirmi amata proprio in esse, di un amore che ti conosce e ti comprende fino in fondo e, per questo, è capace di consolarti.
Alla fine del cammino confessai a tutti i miei compagni come quel percorso per me aveva significato la possibilità di farmi una “doccia”, che aveva lavato via lo sporco rimasto su alcune ferite, permettendo così alla luce di attraversarle.
L’Alleanza stretta con il Signore prima, dopo e durante la missione ha costituito e costituisce il filtro con cui leggere il mio quotidiano oggi. La terra su cui costruire ogni nuovo giorno. La sostanza del mio sentirmi amata oggi.
“Non si può amare se si trattiene, la vita è radiosa dal momento in cui si comincia a donarla!”, avevo letto qualche giorno prima di partire in una testimonianza del Beato Clemente Vismara.
Da GM ad Avenida… l’unità di strada che…Ti rimette in gioco.
L’esperienza con le ragazze che si prostituiscono in strada partiva dal desiderio di mettersi a servizio di un altro, sconosciuto, diverso, lontano, “perdendo” qualcosa di me, alla sequela di Colui che ha perso tutto per amore.
Sono uscita con l’Unità di Strada “Avenida”, un progetto di Caritas Ambrosiana e Cooperativa Farsi Prossimo che si rivolge alle donne che si prostituiscono sul territorio della città di Milano, in situazioni difficili di sfruttamento e traffico di esseri umani. L’uscita in strada consiste nell’incontrare le ragazze, intrattenendosi a chiacchierare con loro e dando alcune informazioni utili sui centri medici attivi che possono offrire loro un supporto.
Ho iniziato osservando ciò che accadeva attorno a me, ho incontrato tanti volti e ascoltato tante storie. Ho percepito la voglia di raccontarsi, di far sapere che anche loro hanno dei desideri belli nel cuore, nonostante, consapevolmente o meno, siano immerse in un mondo che calpesta l’identità del singolo, che cerca di annullarti, che punta a non farti costruire legami, facendoti credere, che “stai lavorando”.
In questo mondo, esiste un numero surreale di auto che si fermano per caricare, così come per scaricare. È surreale perché elevatissimo. È surreale perché è così che si alimenta, sera dopo sera, lo sfruttamento di queste donne. È surreale perché a pochi metri da casa mia. Davanti a questo, mi sono sentita spettatrice impotente.
Nel corso della serata, ho parlato con Bianca, 23 anni, rumena, a Milano da pochi mesi. Ci ha sorpreso perché parlava molto bene l’italiano, anche se è arrossita quando glielo abbiamo fatto notare. Bianca sta in strada per guadagnarsi qualcosa, anche se a casa, ai suoi, dice che fa la cameriera in un ristorante, così riesce ad evitare che la mamma la chiami di sera.
Mi ha dato, in quei pochi minuti, l’impressione di una ragazza intelligente, con molta speranza e fiducia in un futuro diverso. Mi sono allontanata da lei con la sensazione di aver visto brillare i suoi occhi di una luce vera. A distanza di poco tempo, è sopraggiunta un’auto che, dopo un breve colloquio, l’ha caricata e si è allontanata.
Non conoscevo Bianca, eppure guardandola salire su quell’auto ho provato una sensazione di distacco; come se qualcuno mi avesse privato inaspettatamente e repentinamente di qualcosa. Mi sentivo svuotata.
In strada non ci si può avvicinare alle ragazze se non cercando il più possibile di “non invadere” il loro spazio; rispettando i tempi con cui loro stesse decidono di parlarci o meno; rimanendo a distanza qualora ci chiedessero di farlo.
In questo senso, allora, anche la pensilina di una delle fermate di un autobus di periferia diventa una “terra sacra”, luogo prezioso dove entrare con delicatezza, “togliendosi i calzari” per poter incontrare e condividere in intimità un pezzo di storia; luogo dove due o più individualità apparentemente così lontane hanno modo di riconoscersi dono l’uno per l’altra, proprio come avevo sperimentato in missione.
È impegnativo incontrarsi così, tenendo lo sguardo fisso sulla vita di chi hai di fronte, ma risiede anche qui la ricchezza inestimabile di ogni relazione che prova a fare sul serio con l’altro.
L’esperienza della strada dà questa possibilità, intrecciare relazioni (tante) prendendo sul serio l’altro, accogliendolo così come lo vedi, ascoltando la sua storia e facendo i conti col sentirsi a tratti inadeguati.
Avenida è questo. Per certi versi è un esperienza molto simile a quella del soccorso sanitario 118 che faccio tutti i lunedì notte come volontaria. A questo punto del mio cammino, dopo l’esperienza con GM, vedo come questi luoghi di incontro e dono reciproco siano alcune espressioni della mia appartenenza a Cristo, sentimento che dà sostanza e gioia nel servizio ai fratelli.
Marzia Comito, animatrice GM