EDITORIALE
Durante i primi anni di missione in Cambogia un amico attivo nella cooperazione internazionale mi chiese: «Come ci si sente a essere parte di una Chiesa che non ha voce in capitolo o potere nella società?». «Per me non fa nessuna differenza», risposi. «Sono qui perché il nome di Gesù sia annunciato e chi vuole possa avvicinarsi per conoscerlo. Il resto è accessorio». Sulla rilevanza sociale e politica della Chiesa il convegno generale della Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia, di cui parliamo in questo numero, esprime bene lo stile e il modo della Chiesa di stare dentro una condizione di minoranza: solo il 2% di cattolici su tutto il continente. Condizione che non è motivo di timore ma diventa stimolo affinché il Vangelo sia annunciato ovunque e comunque. In Cambogia mi commuovevano gli universitari e liceali che chiedevano di diventare cattolici, con un catecumenato di tre anni, facendo questa scelta senza l’appoggio della famiglia e con la società e gli amici che li bollavano come “traditori della patria”. Una decisione coraggiosa, alla quale non volevano rinunciare perché Cristo era diventato importante per loro, dopo averlo incontrato nella comunità e nella carità. Questi giovani diventavano annunciatori del Vangelo, portando amici e compagni di studi in chiesa la domenica, dove la liturgia vissuta con gioia ha fatto partire veri cammini di conversione. Stiamo diventando minoranza anche in Europa: questo non deve spaventarci ma essere stimolo per rinnovarci e tornare al cuore della fede: il cristianesimo non è significativo perché potente ma perché porta Cristo nella vita delle persone, rendendola bella e piena di senso. Anche quando si è chiamati a vivere il “controsenso” della verginità, come ci racconta padre Fabrizio Calegari nella sua lettera. «Le parabole del Regno ci rivelano che Dio agisce attraverso i piccoli. Essere ai margini non impedisce alla Chiesa in Asia di vivere la sua missione», ricorda il cardinale Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione.
L’annuncio della nascita di Gesù partì da gente umile come i pastori, e oggi in quelle terre il Vangelo è custodito da comunità che poco contano nella vita politica. Anche noi, cristiani d’Europa, siamo chiamati a vivere un profondo attaccamento a Cristo affinché l’annuncio del suo nome sia vero e attraente, non a cercare visibilità o potere. Nel mondo incide chi ama Gesù. Per questo l’annuncio di pochi pastori è arrivato fino a noi, e oggi possiamo dirci: Buon Natale!
Mario Ghezzi, Mondo e Missione di dicembre 2022