Le novizie Valeria e Francesca ci parlano di un’esperienza particolare nell’accompagnamento di giovani che incontrano ogni settimana alla stazione di Monza, assieme ad alcuni seminaristi del PIME.
Da tre anni, con alcuni seminaristi del PIME, portiamo avanti un progetto di apostolato che ha il fine di incontrare e farsi vicini a giovani, ragazzi e ragazze, stranieri/e, italiani/e, con una media di 20 anni, che sostano nei pressi della stazione di Monza e che in maggioranza fanno uso di marijuana. Ogni giovedì pomeriggio ci rechiamo alla stazione per incontrarli anche con il desiderio di essere segno di una società che non li emargina, ma che ha interesse per loro.
Tra i ragazzi abbiamo conosciuto G., ha quasi 18 anni, un ragazzo prudente, all’apparenza diffidente, ma che in realtà si è rivelato essere una persona che non ha paura di dare fiducia. Ci ha raccontato la sua storia, fatta di vissuti molto faticosi che tuttavia lo hanno reso più forte, gli hanno permesso di conoscersi e meglio relazionarsi agli altri. Incontriamo G. quasi tutti i giovedì, questa frequentazione ci ha permesso di avviare con lui un dialogo fatto di racconti e ascolto vicendevole, un rapporto che cerchiamo di guadagnarci volta per volta, nel rispetto della sua libertà e dei suoi desideri.
La nostra presenza accanto a lui, come agli altri ragazzi che sono lì, non ha molte pretese se non quelle di stare loro accanto, facendo sperimentare uno sguardo diverso da quelli che sono abituati a ricevere da chi vuole ingannarli (spacciatori, falsi amici) o disprezzarli (gente comune). Con molta cautela e sensibilità abbiamo iniziato a guardare insieme a lui la sua vita e a ragionare sulle logiche su cui fonda le sue piccole scelte, ma un consiglio non si accetta da tutti e, in riferimento a ciò, abbiamo notato come nel nostro modo di porci verso gli altri, soprattutto nelle situazioni limite come quella che vive G., sia importante trasmettere di amare la persona e accettarla per quello che è. Ricordiamo a tal proposito come siamo rimasti colpiti la volta in cui G. ci confidò che mai prima di noi nessuno gli avesse detto che fosse un ragazzo in gamba.
Abbiamo imparato, inoltre, che per mettersi accanto ad una persona sono necessari il rispetto della sua libertà, storia e fragilità; di come non sia ammissibile fingere e sia fondamentale un’autenticità di fondo che porti nel tempo a instaurare relazioni vere. L’esperienza che stiamo vivendo con G. ci insegna che i giovani hanno bisogno di persone che parlino loro e con loro, che non si lascino andare a giudizi precipitosi senza sapere quanto la vita sia stata dura con loro e che nessuno è troppo lontano perché qualcuno gli si faccia accanto e lo aiuti a camminare.
Valeria e Francesca – Monza