CRONACHE DELL’ALTRO MONDO
Il Coronavirus ha reso ancora piu fragile il settore educativo, ma non mancano “fiori che sbocciano nel deserto”
La richiesta di annullare l’intero anno scolastico, a causa delle troppe ore di lezione perse, giunta in diocesi da una scuola primaria cattolica, ha lasciato perplesso non solo il vescovo, ma l’intera comunità cristiana. L’appello del preside, che ovviamente non è stato possibile accogliere, è però significativo della fragilità del sistema scolastico, messo ancora più sotto pressione dal Covid-19.
L’arrivo del Coronavirus in Papua Nuova Guinea non ha provocato un boom di contagi, ma ha inferto un duro colpo ai sistemi sanitari ed educativi e al settore economico.
Per quanto riguarda la scuola, partendo dal mese di aprile 2020, in concomitanza con la fine del primo trimestre, sono state interrotte le regolari attività didattiche per una durata di circa tre mesi. Poi le scuole sono state riaperte, in alcuni casi a singhiozzo e cercando di rispettare il protocollo preventivo che, nelle zone rurali, si è rivelato inadeguato e poco realizzabile.
Anche prima del Coronavirus, la scuola rappresentava una vera e propria sfida per l’intero Paese per la mancanza sia di strutture che di personale. In molte aree, le difficili condizioni geografiche – in particolare sulle isole e sulle montagne – non favoriscono comunicazioni e collegamenti, rendendo arduo l’accesso al sistema scolastico. A ciò si aggiungono gli scarsi investimenti da parte delle istituzioni, spesso a causa di corruzione o cattivo uso delle risorse pubbliche.
Bisogna anche dire che non sempre la gente dà un adeguato valore dell’istruzione: sebbene generalmente sia ritenuta importante e necessaria, nelle zone dove l’economia è mirata più alla sussistenza che allo sviluppo a lungo termine, l’impegno di genitori, studenti e persino insegnanti risulta scarso.
Anche i dati confermano sia il dilagante assenteismo da parte dei docenti a causa dei mancati pagamenti dello Stato sia la discontinuità dell’iter scolastico da parte degli studenti. Quest’ultimo aspetto riguarda soprattutto le ragazze, molte delle quali si vedono costrette a interrompere gli studi a causa di maternità premature o di matrimoni precoci.
In un quadro così problematico, non mancano però “fiori che sbocciano nel deserto” e che contribuiscono a creare oasi di speranza per il futuro. Ricordo in particolare l’esperienza di una giovane coppia che ho potuto seguire in questi anni nella missione di Kiriwina, sulle isole Trobian. La figlia maggiore, con una brillante carriera scolastica, ha subìto una violenza da parte di un insegnante. Il senso di vergogna era così forte nell’animo dei genitori che, secondo la mentalità e la prassi comune, premevano perché interrompesse la scuola. Dopo un primo momento di smarrimento, hanno però affrontato la sfida con fede e cura per la ragazza e si sono adoperati, al limite delle loro forze e possibilità, per permetterle di continuare gli studi in una scuola della capitale, trasformando quell’evento doloroso in punto di forza e di unità per tutta la famiglia.
Fatti come questo sono uno stimolo per noi missionari a puntare sull’educazione anche come strumento di evangelizzazione per dare nuova linfa alla vita quotidiana della gente e assicurare un futuro di luce e benessere, che a partire dal nucleo familiare si apre ad abbracciare l’intera nazione.
Chiara Colombo – Mondo e Missione di febbraio 2021