CRONACHE DELL’ALTRO MONDO
Kiriwina è una delle mete turistiche più rinomate della Papua NUova Guinea. Ma la vita della gente è ancora molto precaria e si fonda su un’economia di sussistenza.
Poco più grande dell’isola d’Elba e con una popolazione di 13 mila abitanti, l’isola di Kiriwina è una delle mete turistiche più rinomate della Papua Nuova Guinea. Quello che affascina i visitatori, oltre alla sua bellezza, è il forte legame con le tradizioni antiche. Anche molti antropologi trovano un terreno ricco per ricerche e studi. Tuttavia, la vita della gente – qui come in molte altre zone rurali – è ancora molto precaria e si fonda su un’economia di sussistenza. Il governo centrale fatica a occuparsi adeguatamente di queste aree e a livello locale purtroppo ci sono molta corruzione e favoritismi.
Spesso i fondi stanziati per i progetti di sviluppo si perdono per strada o vengono usati per questioni di minore importanza. Inoltre, le attività legate al turismo e agli studi antropologici fanno sì che molti preferiscano mantenere l’isola come una sorta di “paradiso primitivo” e intanto le entrate finanziarie vengono gestite da una minoranza, spesso non residente in loco. Infine, la gente di Kiriwina è più impegnata a cercare di sbarcare il lunario che a investire sul futuro. Uno dei capi villaggio ha espresso così la sua visione: «Se solo la gente guardasse un po’ di più al domani invece che all’oggi, avremmo la possibilità di far sentire maggiormente la nostra voce e ottenere più risultati, assumendo maggiore responsabilità nel nostro processo di sviluppo».
La cosiddetta “modernizzazione”, inoltre, ha portato inevitabilmente nuove necessità, che però talvolta non possono essere adeguatamente soddisfatte, e ha introdotto stili di vita negativi, come il consumo di alcool e di droghe. L’elemento positivo, tuttavia, che sostiene la vita della gente sull’isola, è il valore della condivisione e dell’ospitalità che fa sì che la comunità sia sempre attenta ai problemi degli altri, rendendo le persone pronte all’aiuto reciproco.
È questo anche il punto d’incontro tra la cultura e la tradizione degli antenati e il Vangelo. Come missionari ci siamo resi conto che ciò su cui dobbiamo maggiormente puntare è la formazione umana, che va a toccare tutte le fasce di età e tutti gli ambiti, in modo da rafforzare la consapevolezza dell’importanza di investire sul futuro, avendo come punto di partenza la ricchezza culturale e la cura delle risorse presenti, per poi intraprendere un reale cammino di crescita.
Accanto quindi all’attività catechetica, sono stati sviluppati percorsi di formazione, che non partono solo dall’analisi di noi missionari, ma da uno studio della realtà condotto con la gente del posto, verificando le necessità di base e le priorità condivise nonché l’effettiva sostenibilità dei progetti. Sono così sorti nel corso degli anni scuole di cucito e corsi di alfabetizzazione, sia in lingua locale che in inglese, un laboratorio informatico per i ragazzi della scuola primaria e una piccola scuola d’infanzia con lo scopo di dare maggiori competenze e di favorire i passaggi tra i diversi livelli di istruzione.
Anche il percorso di evangelizzazione si affianca alla promozione umana, muovendo i suoi passi lungo il sentiero dell’inculturazione, in un rapporto di ascolto e di collaborazione reciproci, affinché la parola di Dio e gli insegnamenti cristiani possano trovare terreno fertile nella vita quotidiana e promuovano lo sviluppo integrale delle persone, liberando dall’ansia di vedere frutti nell’immediato e, al tempo stesso, aprendo lo sguardo sul futuro.
Chiara Colombo, Mondo e Missione di aprile 2021