Senza gli abbracci, i sorrisi dal vivo, l’incontro di persona la vita può solo fermarsi o regredire. Dobbiamo trovare il coraggio di incontrarci come prima e meglio di prima…

Tra i vari mantra che circolano in epoca Covid-19 uno dei più frequenti è: «Nulla sarà più come prima». E sarà certamente così, perché le nostre abitudini sono state stravolte; alcune sono scomparse: abbiamo scoperto che erano superflue. La tentazione oggi è quella di rimanere nella situazione, nelle sacche di comodità che la quarantena ha portato con sé. Non dover uscire la mattina per andare a lavorare o a scuola è sicuramente una comodità, ma la conseguenza è non incontrare il collega simpatico, o anche quello che ti mette sempre il bastone fra le ruote. Significa non salire sull’autobus dove avresti potuto trovare l’amico che non vedevi da anni. C’è un misto di paura e comodità che ci condiziona.

A questo si aggiungono una certa stampa e alcune università autorevoli che stanno portando avanti l’idea che il telelavoro sia una grande conquista da cui non si dovrà tornare indietro perché i vantaggi sono e saranno enormi. A ottobre molte università in Lombardia riapriranno il primo semestre on line, alcune azzarderanno presenze in sede contingentate al 30%, seguendo quali criteri ancora non si sa. E le scuole? Il punto di domanda è ancora più grande. Bisognerebbe però domandarsi quale sia il criterio che sostiene certe scelte. Se le decisioni vengono prese davanti a un foglio Excel che riporta solo numeri di costi e ricavi, sicuramente il telelavoro e l’insegnamento a distanza sono una scelta vincente. Se a questo si aggiunge un certo modo di guardare all’ecologia che dimentica il bene complessivo dell’uomo, allora il telelavoro vince su tutto: meno spostamenti, meno inquinamento, meno rischio contagio. Non dimentichiamo però che ci sono dati di importanza fondamentale che un foglio Excel non potrà mai contenere e da cui non possiamo prescindere, perché sono i “numeri della nostra umanità”.

Una logica di questo tipo porta alla morte delle relazioni e del lavoro dell’uomo. I momenti di maggiore creatività professionale vengono dagli incontri informali che si fanno nei corridoi e davanti a un caffè bevuto con un gruppo di colleghi. Anche le tensioni e le incomprensioni che si creano lavorando e studiando insieme, condividendo spazio e tempo servono a farci vivere fino in fondo per creare e scoprire cose nuove. Senza gli abbracci, i sorrisi dal vivo, l’incontro di persona la vita può solo fermarsi o regredire. Dobbiamo trovare il coraggio di incontrarci come prima e meglio di prima, di vincere la comodità di rimanere in casa davanti allo schermo di un computer per far ripartire la vita. Non possiamo vivere a metà. Per questo, durante l’estate, il Pime ha deciso di organizzare i campi estivi in diverse sedi, per ribadire che l’uomo ha bisogno dell’incontro, in un rapporto educativo in cui la relazione genera vita, crescita, creatività, scoperta di sé e dell’altro. Un cristiano non può dimenticare questa verità. Se Gesù ha deciso di farsi uomo per incontrarci e salvarci vuol dire che la nostra carne, le nostre relazioni non sono cosa banale ma sono il mezzo attraverso cui Dio si manifesta e parla a chi incontriamo ogni giorno. Excel questo non lo potrà mai dire.

p. Mario Ghezzi – PIME – Mondo e Missione 7/2020

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