La donna…protagonista del cambiamento

In Guinea-Bissau esistono circa 20 etnie, e ciascuna di esse ha lingua, cultura e tradizioni proprie. In questi anni di presenza ho avuto modo di conoscere più da vicino la cultura dei Balanta Mané. In essa, anche la donna si occupa dei lavori agricoli, mentre l’uomo dissoda la terra con la zappa o con l’aratro, la donna semina e raccoglie il riso, lo pulisce dalla pula, attraverso un duro lavoro. Con il pilon, un grande mortaio, batte il riso fin dalle prime luci dell’alba, così da garantire alla famiglia il pasto quotidiano. Si occupa poi dei lavori di casa, dell’istruzione e della cura dei figli e del marito. Spesso per ottenere una piccola autonomia economica realizza lavori artigianali, o coltiva legumi e verdure per poi rivenderle al mercato.

Ognuna di esse diventa combossa ossia seconda o terza moglie di un uomo. La poligamia è una realtá socialmente accettata dalla maggior parte delle etnie guineensi, anche se, qua e là, non mancano piccoli segni di cambiamento. La donna sterile è discriminata anche quando la causa della sterilità è riconducibile al marito.

Le ragazze dai 12 ai 18 anni prima di essere date in matrimonio, devono compiere un rito di passaggio, che si chiama fanado di mindjeris. Un rito che avviene nella foresta, in una capanna allestita per l’occasione; per settimane le ragazze vengono istruite dalle donne più anziane ed esperte ed introdotte alle regole sociali e familiari, apprendono come comportarsi in famiglia e in società, in ogni situazione o circostanza. La donna è la signora del focolare, tiene unita la famiglia, sa creare buone relazioni, e matenere il riserbo o il segreto di famiglia.

Tra le donne in Guinea mi colpisce il loro modo di unirsi e aiutarsi reciprocamente; spesso si radunano in associazioni attraverso un’auto tassazione spontanea e ben ordinata che permette loro di organizzare incontri, feste, o in caso di necessità, malattia o altro problema far scattare la solidarietà del gruppo verso chi è nel bisogno.

Si può ben affermare che le trasformazioni culturali passano attraverso la donna, garante della continuitá della tradizione africana, ma anche aperta alla novità, e alle piccole conquiste sociali.

sr. Ornella Garzetti

«Chi educa un bambino educa un uomo, chi educa una bambina educa un popolo».
Proverbio criolo

Essere donna in Guinea Bissau equivale a vivere una vita dura e di grandi sacrifici. Sono le donne che mettono in movimento il paese e da loro dipende la buona riuscita di una comunità. La loro vita quotidiana è una lotta. Le ragazze e soprattutto le giovani donne in Guinea, molto spesso crescono nella casa degli zii a causa della scuola dell’obbligo o perchè avendo avuto un figlio, già all’età di 14 o 15 anni, devono crescerlo in mezzo a mille difficoltà.

La mia piccola esperienza con loro, a Mansoa e nei villaggi intorno, è un’esperienza di incontro e di ascolto.  Spesso il loro unico desiderio è quello di essere ascoltate,  hanno bisogno di chiarie i loro dubbi, di formulare domande che altrove non riuscirebbero a porre: in questi incontro occorre lavorare sulla fiducia che favorisce la confidenza.  Sento che, a poco a poco, le nostre proposte formative diventano uno spazio di libertà di parola, di crescita nella stima e nell’affidamento. Possiamo parlare di tutto e atrraverso il dialogo, il gioco e piccoli laboratori emergono gli aspetti più intimi e più profondi della vita di una ragazza e di una donna che si prepara a diventare sposa e madre.

Tra le attività che proponiamo  ci sono i corsi di alfabetizzazione, di taglio e cucito e non mancano i laboratori di culinaria: tra una stoffa e un piatto di riso si alternano le loro storie di vita, storie diverse ma sempre condite con la gioia che le caratterizza e che da loro la forza di vivere con coraggio e speranza, portando con pazienza il peso del loro lavoro o le difficoltà familiari che non mancano mai.

Posso dire che il nostro lavoro a Mansoa come nelle altre comunità è davvero un’opportunità alternativa alla scuola, dal momento che, per molte ragazze chiamate a crescere un figlio in così giovane età, non sarebbe possibile frequentarla. Ma è un’opportunità anche per noi suore, per me: lavorare con loro mi stimola a voler fare molto di più perchè la donna e le ragazze in Guinea Bissau possano garantirsi una vita degna e un futuro in cui essere sempre più protagoniste.

di sr. Vinnarasi Jacob Sellam

 

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