Ogni anno molti giovani decidono di mettersi in gioco con il cammino di Giovani e Missione, un percorso di due anni che prevede una breve esperienza in missione. Più che un viaggio all’estero è un itinerario alla scoperta di sé e di ciò che conta davvero, un’opportunità per lasciarsi interrogare dalle domande belle e importanti che muovono alla ricerca del senso della vita.
Alcuni dei giovani che sono partiti in missione quest’anno hanno voluto condividere con noi quello che ha cambiato il loro sguardo verso l’accoglienza, l’amore, la gioia, la povertà, il sacrificio, la vocazione… e molto altro. In questo articolo i giovani condividono le loro riflessioni sulla parola “povertà”, “ingiustizia” e “sacrificio”.
Laura Ripamonti – Bangladesh
La povertà è negli occhi di chi tanto vuole ma nulla stringe. La povertà è lamentarsi di tutto e per tutto. La povertà non è solo non avere soldi, cibo o salute. Perché puoi avere tutto, ma essere povero. Povero di cosa? Ho capito stando un mese tra i veri poveri che in realtà sono loro i veri ricchi. Ricchi di gioia, serenità, sorrisi amici, ricchi delle piccole cose, piccoli gesti e piccole soddisfazioni.
Noi occidentali spesse volte abbiamo tutto anzi troppo, sempre troppo. Me ne sono resa conto ancora una volta in Bangladesh, regalando ai bambini cose per me inutili, ma che mi facevano essere ricca…Mentre loro mi hanno donato una cosa ancora più preziosa: un sorriso.
Roberta – Thailandia
Tra le tante cose che la missione mi ha insegnato, credo che ci sia sicuramente il fatto di prendere un po’ più coscienza di cosa sia o, meglio, cosa non sia la POVERTA’.
Chi è ricco e chi è povero? Credo che sia più ricco chi apre una casa piccola che chi chiude le porte di una casa grande, chi condivide il poco, piuttosto che chi tiene molto solo per sé.
ACCOGLIERE l’altro e farsi prossimo a lui porta quel tipo di ricchezza che non riempie le tasche, ma ciò che conta davvero, il CUORE! E io sento che questa missione mi ha reso ricchissima.
Elisa Mazzotti – India
L’India, in particolare Mumbai, la città dove c’è chi vive con niente e chi sopravvive con i miliardi. Non è un errore di battitura il mio, ma uno sguardo sulla vita e la povertà che è cambiato enormemente, grazie alla missione.
Mumbai è il luogo in cui la povertà emerge e irrompe nella giornata senza chiedere il permesso e come uno spillo penetra nella carne. Qui ho avuto la possibilità di entrare a contatto con le realtà più povere e se prima sentivo che la povertà fosse sterile, quella condizione che incatena e limita quasi totalmente la libertà di vivere da Uomo; torno a casa convinta che la povertà è l’unica condizione del cuore che dà la possibilità di farsi prossimo, di accogliere e di donare a cuore aperto.
Si tratta di due povertà differenti che Mumbai mi ha presentato limpidamente: una povertà economica che lascia il posto ad un’immensa ricchezza del cuore e una ricchezza economica che invece incatena il cuore e lo chiude sul possesso, bramando con ogni sforzo di ottenere sempre di più, impoverendo man mano il cuore di quell’amore unico che solo l’incontro e il dono disinteressato all’altro possono donare.
Il video che allego, non è di alta qualità, ma per me rende esplicito questo concetto perché è una delle feste che mi sono state fatte il giorno del mio compleanno, dove non sono mancati doni, accoglienza e tanto amore.
Tommaso Albanese, Ciad
Milano è ricca di povertà. Nelle strade i poveri sono aumentati negli ultimi anni. Stando con i bambini e adolescenti, grazie al mio lavoro, ho visto tanta povertà umana e nelle famiglie, questo per mancanza di ascolto, amore e cura, che genera solitudine e tristezza. Povertà interiore e ricchezza esteriore. In missione il villaggio era quasi primitivo, i bambini avevano sempre gli stessi vestiti, larghi o piccoli, strappati o spaiati. Se davamo loro qualcosa da mangiare, lo divoravano. Eppure non li ho mai visti tristi. Ricchezza interiore e povertà esteriore. Adesso, dopo l’esperienza in missione, sto più attento a quello che ricevo, ai beni che ho, sono più attento agli altri; mi sento anche più consapevole delle mie povertà e delle mie ricchezze (sia interiori che esteriori) e credo che, in fondo al cuore, ci sentiamo tutti mendicanti.
Sara Giacobbo e Stella Giani – Manaus
A casa io e Sara conoscevamo realtà e sistemi che facevano trasparire dell’ingiustizia in maniere più nascosta e non appariscente. Qui in Brasile però è sotto gli occhi di tutti, basta cambiare quartiere e si passa da una città con grattacieli e bancarelle sul rio ad un invasione dove manca l’acqua, elettricità e cibo.
Ci ha colpito molto come gli indigeni che ci hanno accolto nell’invasione non fossero arrabbiati di questo quanto interessati a lasciare parte della loro storia a noi perché sentono che la propria cultura sta scomparendo.
Sara Goglio – India, Vijayawada
Sono stata un mese in missione in India, più precisamente nella zona di Vijayawada. In missione ho conosciuto una suora che gestiva una casa per ragazze/i con HIV (un’enorme responsabilità, educativa e pratica, sommata alle ‘incombenze’ proprie della vita religiosa).
Vedevo che con gioia partecipava a ogni preghiera, al catechismo, anche a discapito del proprio riposo. Quando le ho chiesto come facesse, ha risposto: “Finché ho la forza di dare, io lo faccio. Dio mi ha dato tanto, e se dovesse riprendermi domani, sarei felice, perché il mio cuore è pieno.”
E così, qualcosa che avevo sempre visto come un peso, magari necessario ma sicuramente non piacevole, si trasforma in una fatica da vivere con gioia ed entusiasmo, data dalla consapevolezza di spendersi per una giusta causa. Dal sacrificio ho visto nascere i virgulti d’amore più belli. Grazie, India!