DIMMI DELL’ISLAM
Iniziamo oggi una nuova rubrica intitolata “Dimmi dell’Islam” che vuole essere uno spazio dedicato specialmente all’incontro e all’ospitalità ricevuta e data con le donne musulmane incontrate nei diversi Paesi in cui operiamo, uno strumento per conoscere di più uno dei tanti valori positivi di questa religione e andare oltre gli stereotipi che spesso chiudono porte e alzano muri. Noi abbiamo trovato tante porte aperte e vogliamo raccontarvele…
OSPITALITÀ RICEVUTA E DATA
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina i media hanno iniziato a parlare molto di ospitalità; la Chiesa occidentale si è mossa, forse più che in altri momenti, per accogliere ed ospitare le migliaia di profughi che fuggono dalla guerra. Ora, questo non è un fatto strano. Ciò che è strano, invece, è che, mentre in tanti si sono aperti all’ospitalità verso chi è più o meno simile a noi, ancora tante porte si chiudono, così come tante frontiere, si continuano a costruire muri, si innalzano reti con fili spinati, si resta indifferenti, o quasi, al resto del popolo di Dio, di qualunque Dio si tratti, che cerca rifugio. Niente da dire, siamo bravi ad accogliere ed ospitare e noi, come popolo italiano, siamo fieri della solidarietà che portiamo nel cuore, ma che, a volte, ammettiamolo, rimane un po’ settaria.
Parliamo, ad esempio, dei musulmani che sono arrivati e arrivano numerosi nei nostri Paesi. Qual è l’ospitalità che diamo, noi, qui? Come collaboriamo con loro? Quali progetti di dialogo e di lavoro per una cittadinanza positiva ed integrata si potrebbero pensare insieme?
Inutile dire che nel passato, anche il popolo italiano è stato accolto ed ospitato in tanti modi, e non serve andare troppo lontano nel tempo per pensare a quell’ospitalità, a quell’accoglienza e al nostro essere stati anche noi dei profughi e cercatori di fortuna e speranza in altri Paesi. Pensiamo, invece, ai ragazzi che partono oggi dall’Italia per trovare lavoro altrove, o per continuare gli studi, o per fare ricerca e carriera…
Anche noi Missionarie dell’Immacolata viviamo continuamente questo doppio aspetto di essere ospitate e di ospitare, non fosse altro che per la nostra differenza di origine, di cultura, e il nostro ritrovarci insieme in un Paese a cui non apparteniamo, “ospiti e sorelle” come dicono le nostre Costituzioni.
Ospitalità data e ricevuta, perché ci rendiamo conto di non essere necessariamente ben accette nei Paesi in cui operiamo, almeno non da tutti, ma sempre sperimentiamo la gioia di essere compagne di strada di tante persone che ci accolgono nelle loro case, condividendo il poco o il molto che hanno, le loro gioie e le loro fatiche, cercando nell’ospitalità, persone, sorelle con cui parlare e da cui essere a loro volta accolte, proprio nella diversità, nei loro problemi, nelle loro fragilità e nelle loro gioie.
Spesso sorgono domande reciproche, dono delle une per le altre e viceversa, dono di conoscenza più profonda dell’essere, del Paese in cui viviamo o che incontriamo, della cultura dell’altra, domande di senso e di ricerca spirituale, domande che dicono la voglia di fare spazio, aprire delle porte su mondi nuovi, avvincenti, rimanendo profondamente ciò che siamo, ma arricchendoci della diversità che l’altra porta con sé. È questo che accade con le varie attività di incontro e scambio che lo Spirito ci suggerisce là dove siamo.
Noi abbiamo aperto le nostre porte insieme alle Chiese locali attraverso ciò che chiamiamo il “dialogo dell’ospitalità”. Sì, dialogo dell’ospitalità perché nel Cristianesimo e nell’Islam si pongono gesti, anche senza parlare, che raccontano di un Dio che vuole accoglierci, ospitarci, abbracciarci. Ed è proprio in ciò che potremmo chiamare oggi il galateo dell’ospite che gli autori spirituali dell’Islam, già nei primissimi secoli, indicavano gesti e comportamenti per accogliere colui che arrivava, anche straniero, facendolo partecipare alla propria mensa, ricevendolo e ospitandolo nella propria tenda, poi nella propria casa, come inviato di Dio. Nei detti del profeta Maometto si riporta l’esempio di Abramo, riconosciuto dai musulmani come padre nella fede, che aveva una casa a quattro porte, una su ogni lato, per ricevere tutti; e si narra anche di come, prima di mettersi a tavola, soleva andare in cerca di compagni e viaggiatori per poter condividere il proprio pasto con loro. Anche il Corano narra più volte l’incontro di Abramo con gli ospiti sconosciuti che si riveleranno poi essere messaggeri inviati da Dio. L’ospitalità a loro data e la sollecitudine di Abramo mostrano anche, nel Libro Sacro dell’Islam, il posto centrale di una delle attitudini del buon musulmano. Conoscere per avvicinarci e comprendere, per imparare, perché no, a riscoprire anche i nostri valori nell’incontro con l’altro diverso. Apriamo dunque le nostre porte e lasciamoci interrogare.
Sr. Marta Arosio
Sr. Marta è Missionaria dell’Immacolata dal 2010, nel 2014 raggiunge il nord Africa dove rimane per quattro anni. Richiamata in Italia approfondisce lo studio della lingua araba e dell’islamistica presso il PISAI (Pontificio di studi arabi e islamistica) a Roma dove consegue la licenza nel 2021 con una tesi sull’ospitalità vista attraverso gli occhi di un mistico islamico egiziano del XVI secolo.