Mi trovavo nella clinica “Cristo Re” a Bissau, quando Giovanni, un ragazzo di 17 anni che abita a fianco della nostra casa, è venuto per una medicazione. Sono rimasta scioccata nel vedere le condizioni della sua mano, piena di pus a causa di un’infezione batterica conseguenza di un infortunio, il referto parlava di un ascesso. Bisognava tagliare per aspirare il pus, e a mio parere era necessaria un po’ di anestesia per attutire il dolore nel processo dell’intervento. Rimango stupita e dispiaciuta nel sapere che, per casi come questi, considerati minimi, non era prevista l’anestesia. Ho quindi iniziato l’intervento. Giovanni ha incominciato a piangere per il forte dolore, mentre io, in silenzio, mandavo giù le mie lacrime e pregavo per lui. A mia grande sorpresa, appena terminato l’intervento, Giovanni era tutto sorridente come se niente fosse successo. Ho detto dentro di me “la sua resilienza è al massimo”.
Per quanto capisco, la resilienza è la capacità che una persona ha di affrontare le situazioni difficili e di superarle positivamente. Sono sicura che Giovanni ha sperimentato rabbia, dolore e tensione sia fisicamente che psicologicamente, ma in un istante è stato capace di sorridere senza farsi vittima della sua situazione. Il dono della resilienza è stato la sua forza interiore, non gli ha tolto la sofferenza, ma gli ha dato la capacità di accettarla coraggiosamente. Diversamente sarebbe rimasto vittima del suo dolore e avrebbe continuato a piangere e a lamentarsi.
Quello di Giovanni non è l’unico caso di resilienza, sapere affrontare le difficoltà della vita fa parte della filosofia della maggioranza del popolo guineense. Il motto del paese: unità, lotta e progresso, ne chiarisce il senso. Questo popolo è convinto di essere nato per soffrire e questa mentalità passa di generazione in generazione. Guardano alla sofferenza come un disegno di Dio nella loro vita. Sono persone di una fede semplice, di preghiera e devozioni, per questo nelle difficoltà, non perdono il sorriso e la serenità, le affrontano senza risentimenti né verso Dio, né verso il prossimo.
Vivendo con loro mi rendo conto quanto Dio li ama, direi di un amore unico, perché Dio privilegia i piccoli e i poveri, come dice tante volte Gesù nel vangelo (Lc 17,2; Mt 5).
Tante sono le difficoltà del popolo guineense: l’instabilità politica, la crisi economica, la lotta contro la povertà, l’alta mortalità infantile, la mal nutrizione, l’insicurezza del cibo, la precarietà della raccolta del grano, l’irregolarità delle piogge, il sistema educativo non appropriato, la povertà dei trasporti, gli ospedali inadeguati, le condizioni precarie di salute e di igiene. Si può vedere che il popolo della Guinea, nonostante sia circondato da vari problemi, non si lasci abbattere per morire nella disperazione. Al contrario è capace di confidare in Dio, nelle Sue promesse e da qui prende la forza per affrontare i problemi e continuare a vedere la bellezza del Creatore nel quotidiano. È un popolo convinto che con Dio al proprio fianco i problemi sono risolvibili.
Questo è proprio quello che ho appreso in Guinea Bissau, in particolare da Giovanni. La mia vita comunitaria, la visita ai villaggi, l’apostolato nella clinica, tutto ha contribuito a creare uno sguardo positivo della vita. Ho imparato a non evitare le difficoltà, ma a dar loro il giusto peso e ad affrontarle con coraggio, in effetti è da questo coraggio che emerge la virtù della resilienza.
Il “seme” che muore per portare frutti, immagine della nostra spiritualità, ci insegna questa realtà: il seme deve andare sottoterra e morire per risorge a una vita nuova.
Mi auguro che ciascuna di noi, come Giovanni, e come il popolo guineense, abbia la grazia di affrontare e superare le difficoltà della vita con resilienza.
Sr. Pushpalatha Mulapaka, delegazione Guinea Bissau