L’editoriale del numero che apre il nuovo anno di Mondo e Missione: «Partiamo dal vuoto che abbiamo sperimentato, dalle mancanze che la pandemia ha generato per costruire qualcosa di nuovo che sia più bello e più cristiano di quanto fosse prima»

Benvenuto 2021! Ci lasciamo alle spalle un anno che ha messo alla prova il mondo intero, senza risparmiare nessuno. Un anno che ha posto in discussione totalmente l’organizzazione delle nostre giornate e delle nostre società. I rapporti sociali e interpersonali sono stati duramente provati e qualcosa è sicuramente cambiato per tutti. Ancora non sappiamo cosa e come. Questo si apre come l’anno della ripartenza grazie al vaccino anti Covid-19, la cui somministrazione inizierà nelle prossime settimane. Poco per volta tutto si rimetterà in moto e il mondo tornerà a correre. è quello che tutti speriamo: poter di nuovo incontrarci, abbracciarci, tornare sui banchi di scuola e ad affollare le panche delle chiese, poter consumare un pasto di lavoro con i colleghi, guardare negli occhi un giovane che si pone le domande giuste e vere su di sé e sul proprio futuro, incontrare un anziano solo che chiede compagnia per un caffè pomeridiano.

Tutto questo deve ricominciare, ma non possiamo far finta che questi mesi di solitudine e allontanamento forzato non abbiano in qualche modo toccato le nostre relazioni, anche quelle più strette. Bisognerà partire da questo fatto, riconoscerlo e iniziare a costruire di nuovo ciò che è stato interrotto. Qualcosa è stato spezzato, abbiamo subìto una rottura pesante che va guardata in faccia, riconosciuta e presa in mano per ripartire ricostruendo.

Durante lo scorso mese di dicembre mi è capitato di fare alcune consegne natalizie nelle case di nostri sostenitori. Spesso si trattava di persone anziane e sole. Ero costretto a rimanere sulla soglia, senza poter entrare, scambiando poche parole sul pianerottolo che risultavano troppo fredde rispetto al bisogno di calore umano e al Natale che si stava avvicinando. Penso a quanti hanno passato le festività in solitudine o lontano dai propri cari. Un vuoto grandissimo da colmare.

Partiamo allora da questo vuoto, dalle mancanze che la pandemia ha generato per costruire qualcosa di nuovo che sia più bello e più cristiano di quanto fosse prima. Per questo non possiamo semplicemente sperare di tornare a fare ed essere quello che facevamo o eravamo prima, dobbiamo diventare qualcosa di nuovo, di diverso, di più umano e cristiano di quanto non fossimo prima, perché il lockdown ci ha messo di fronte alle necessità più pressanti che abbiamo, che si possono riassumere in un gesto semplice: l’abbraccio.

Allora, man mano che il vaccino ce lo permetterà, ricominciamo da un abbraccio, magari fatto a un anziano solo, perché proprio gli anziani sono la categoria che ha sofferto di più, sono quelli che hanno avuto più paura di fronte al contagio. Ognuno di noi è continuamente custodito e tenuto dentro l’abbraccio del Signore Risorto, ma questo abbraccio, certo e indiscutibile, ha bisogno di due braccia di carne perché diventi esperienza sensibile, fatta di carne, appunto. Ripartiamo dunque da un abbraccio, segno di quello di Dio a ognuno di noi, che colmi il vuoto che ha lasciato la distanza forzata dei mesi trascorsi. Buon anno a tutti.

P. Mario Gezzi, su Mondo e Missione

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