La speranza è una bambina che ha due sorelle più grandi, la fede e la carità, apparentemente più importanti. Eppure, è la speranza che attraversa i mondi tenendo per mano e tirandosi appresso le sorelle maggiori. Senza la piccola speranza, la fede e la carità non sarebbero nulla.

Certamente molti lettori avranno intuito che mi sto ispirando al noto poema dello scrittore francese Charles Péguy (pubblicato nel 1911), secondo cui la speranza «va ancora a scuola, e cammina, persa nelle gonne delle sue sorelle», ma è lei, «una bambina da nulla, che è venuta al mondo il giorno di Natale dell’anno scorso», a trascinare le altre. Nel giorno di Natale nasce un bambino e, suggerisce l’immaginario del poeta, nasce anche una bambina: Gesù e la speranza. Di quest’ultima sentiamo disperatamente un grande bisogno. Proprio la speranza è il tema del Giubileo che Papa Francesco inaugura nella notte di Natale. Le bambine e i bambini sono capaci, per il solo fatto di venire al mondo, di suscitare in noi e nelle nostre frastornate comunità la speranza. Lo dice un altro poeta, il bengalese Tagore: «Ogni bambino che nasce porta al mondo la notizia che Dio non è ancora stanco degli uomini».

La speranza ha il volto bellissimo e sorridente dei piccoli delle Filippine, un Paese che seguiremo con attenzione e amicizia nei prossimi mesi. La festa più sentita dal popolo filippino è proprio quella del Santo Niño, ovvero di Gesù bambino. Le Filippine continuano a scommettere sulla vita e sui bambini, al punto che milioni di donne emigrano per donare ai propri figli la prospettiva di una vita migliore. Per molti anni, a Hong Kong, ho trascorso le domeniche in compagnia delle comunità filippine, composte esclusivamente di giovani donne, quasi tutte madri. La generosità di queste ragazze, pronte a donare i loro anni migliori servendo come badanti in casa d’altri, mi ha sempre profondamente impressionato e commosso.

L’emigrazione – soprattutto femminile – è una delle più drammatiche ricadute di un sistema economico mondiale disumano, e nello specifico dell’ingiustizia economica e sociale che attanaglia le Filippine. Il vescovo di Kalookan Pablo David, che Papa Francesco ha scelto come cardinale, parla delle contraddizioni che il suo Paese vive, senza peraltro perdere la speranza. Il vescovo cita l’arte giapponese del kintsugi, dove i pezzi senza più valore di un vaso rotto sono rimessi insieme dal metallo prezioso dell’oro. La speranza, mi sembra, è come quell’oro che riunisce le fragilità, nostre e del mondo, sottraendole dall’insignificanza e donando loro bellezza. A voi, lettrici e lettori, auguriamo di cuore un Natale di speranza e pace.

Gianni Criveller, Mondo e Missione di novembre 2024

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