Sono Sr. Minoti Baskey dal Bangladesh, sono nata in una famiglia cattolica, mio padre e mio nonno erano catechisti e insegnanti. Sono cresciuta nella Parrocchia di Pathorgata, che a quel tempo era affidata ai Padri del PIME. Vivevo in una famiglia numerosa, ho quattro fratelli; tra i figli sono la maggiore e l’unica figlia femmina.
Contesto cattolico e missionario
Una delle grazie che riconosco nella mia vita è di essere cresciuta in un contesto missionario, grazie alla vicinanza dei Padri del PIME. Fino alla 5^ classe sono cresciuta nell’ostello della missione con il sostegno della Congregazione locale delle “Suore di Maria Regina della Pace”. In seguito sono andata in un’altra missione per completare i miei studi e ho ultimato la decima classe con le “Suore di Maria Regina della Pace”.
Dopo il diploma le Suore mi suggerirono di restare con loro per verificare la mia vocazione, ma io ero molto giovane e non così determinata a fare quella scelta. Anche i miei genitori, specialmente mio padre, preferivano che io continuassi a studiare.
Ho incontrato per la prima volta le MdI a Boldipukur, dove ho partecipato a un corso biblico. In questa occasione era spontaneo che qualcuno mi chiedesse quali piani avessi per il futuro… Ho sempre risposto che non avevo alcun interesse nella vita religiosa e che dovevo solo studiare; ma devo dire che quella esperienza fu per me molto utile, per cominciare a guardare le nostre sorelle nella loro vita ordinaria. Molte domande e curiosità sorgevano nella mia mente: “come vivono le Suore del PIME? A che ora pregano? Per quanto tempo? La mia relazione con loro era molto amichevole, tanto che una di loro mi insegnò ad andare in bici.
Le mie prime esperienze di lavoro
Dopo la scuola superiore ho continuato a studiare per ottenere il BA. Data la mia relazione buona con le sorelle partecipavo alle classi con le giovani e le aspiranti, anche se ancora non pensavo di entrare in alcuna Congregazione, ero molto presa dai miei studi. Terminato il BA avevo deciso di iniziare a lavorare ed ho insistito con mio padre che non era affatto d’accordo. Ho fatto domanda per due posti di lavoro e per entrambi ho superato bene l’esame. Ho scelto un lavoro nel campo della Promozione umana. Uno dei miei parenti lavorava in questo campo; dopo solo una settimana di lavoro mi disse:”Vedo che tu qui lavori molto bene, ma nella vita religiosa tu lavoreresti meglio e per tutti, gratuitamente, non solo per qualcuno e per guadagno. Tu non hai mai pensato di avere la vocazione alla vita religiosa?”
Ho risposto che i miei genitori mi vogliono così tanto bene da non lasciarmi andare, che ero l’unica figlia e la maggiore, che dovevo aiutarli nella loro responsabilità famigliare. Mi rispose: “Tu devi essere libera nello scegliere la tua vocazione, dovresti provare un’esperienza di discernimento con le suore e poi decidere”.
Queste parole e questa inaspettata conversazione mi hanno aiutato a guardare seriamente alla mia prospettiva di vita…Questo è stato il momento in cui ho deciso di verificare definitivamente la mia vocazione..
Vieni e Vedi
Sono andata a Dhanjuri per parlare con Sr. Clara che avevo incontrato al corso biblico, poi scrissi una lettera a sr. Giuliana, la responsabile della formazione. Nella sua pronta risposta trovai scritto: quando desideri, vieni a Dhaka e porta la lettera del tuo Parroco.
Una richiesta così semplice in realtà per me fu davvero difficile… Andai da p. Berutti – PIME per chiedere la lettera, ma mi rispose che in verità lui conosceva tutti i membri della mia famiglia, eccetto me, e mi chiese di prendere del tempo per una conoscenza reciproca. Sebbene questa risposta sia stata un reale rifiuto e per me un ostacolo, non ho perso la speranza e ho provato a comprendere il modo di dare una risposta alla richiesta del Padre.
Ho iniziato a lavorare come insegnante nella scuola della Parrocchia. Dopo qualche mese p. Berutti mi ha chiesto di parlargli: doveva dirmi che stavo lavorando bene nella scuola; in quel momento ho preso coraggio e ho chiesto a lui di nuovo la lettera di presentazione per le suore. Questa volta ha acconsentito ed era molto felice; mi ha poi infatti accompagnato sempre fino al giorno del mio ingresso.
Per alcuni anni sono stata nelle comunità della Provincia: Mirpur, Kewachala, Bonpara. Sono anche andata in Italia per il Corso internazionale di 1 anno. Avevo il desiderio di andare in missione, ma non ho mai pensato che fosse possibile, conservando questo desiderio nel cuore. Probabilmente cercando di indovinare quello che pensavo, un giorno Sr. Golapi (la 1^ sorella Bengalese che è entrata nella Congregazione) mi ha chiesto:
“Noi siamo missionarie, ti piacerebbe andare in missione o no? Noi non sappiamo se accadrà, ma noi dobbiamo pensarci e desiderarlo con tutto il nostro cuore.”
Missione in Nord Brasile
Alla fine del corso internazionale, svoltosi in Italia, la superiora ci disse di tenerci pronte per l’invio in missione. Così ricevetti la chiamata della Madre Generale con la domanda: cosa pensi dell’invio in missione? Questo è stato un altro momento inaspettato, un altro momento di grazia nella vita di una missionaria…Sono stata destinata alla missione del Nord Brasile.
Se provo a pensare come la missione mi abbia cambiata in questi in questi 6 anni, la prima cosa che devo dire è che questa esperienza mi ha dato l’opportunità di accogliere una nuova ricchezza. Sì, la missione è ricchezza, specialmente nella conoscenza di nuove culture. Nella nuova cultura ci sono molti aspetti positivi e tradizioni. La missione ti aiuta ad aprirti nell’accettazione degli altri, e questa è stata per me una ricchezza, in umanità e in spiritualità.
Ho imparato molte cose dalla mia missione in Nord Brasile, anche dal punto di vista dello stile ecclesiale e il ruolo dei laici. Ogni giorno posso vivere e lavorare in una Chiesa diversificata, in cui varie persone ben preparate (sacerdoti,uomini e donne consacrate, laici e giovani) possono partecipare con il loro proprio carisma.
Secondo la mia esperienza la missione può anche significare “Shock culturale e Croce”, come è stato per l’impegno ad imparare una nuova lingua, ma anche la scoperta di nuove tendenze sociali e problemi, che io non conoscevo, come la droga, le famiglie divise, i suicidi, che purtroppo sono comuni in Brasile Nord….. Nonostante tutto la parola chiave della mia esperienza è la felicità: la gioia di rimanere con la gente, la gioia di avere l’opportunità di annunciare e condividere la Parola di Dio. Felicità è per me poter andare tutti i giorni nei luoghi dove aiuto, assistenza, sostegno sono necessari, e dove si può condividere e annunciare la Parola di Dio.
Soprattutto il mio desiderio è di aiutare le persone a incontrarsi più profondamente con Cristo.