Sono appena rientrata dalle Giornate di Spiritualità che si sono svolte ad Assisi, sul tema: “Giovani per il Vangelo”, che ci accompagnerà lungo tutto l’ottobre missionario e oltre. Al centro delle giornate, i giovani visti dagli adulti ma anche, dai tanti giovani presenti, in attesa delle risoluzioni del prossimo Sinodo, a loro dedicato.
Tra i temi proposti, mi colpisce la riflessione di Don Alberto Lolli, sacerdote della Diocesi di Milano, che rileggendo l’episodio della tempesta sul mare, propone a tutti di ritrovarci su tre colonne fondamentali con le quali riassume il senso dell’esistenza.
1. Siamo “gettati nella vita”, ma, questa vita, l’attraverseremo solo scegliendola! La vocazione è obbedienza alla vita che ci è data. Alla barca, al mare, alla pesca…ecc. Siamo nati per ricominciare. (Hannah Arendt) Ogni giorno.
2. Siamo un grido, anzi un urlo (J.Lacan). Veniamo al mondo gridando. I discepoli gridano a Gesù e lui allontana il fantasma che credono di vedere.
3. L’uomo è incontro. Eccomi, ci sono. Non aver paura.
Le sento vere queste parole. Mi interpretano nel profondo. Immagino che sia capitato anche a voi di sentirsi interpretati da un pensiero, da una concetto o una parola. Ci sembra di recuperare il tempo e di essere stati improvvisamente condotti in avanti e in profondità. E’ così, soprattutto, per la Parola di Dio.
Penso che tutti noi “siamo un urlo, nella notte e siamo incontro”. Non appena veniamo al mondo – sin dal momento del distacco dal grembo materno – ci sentiamo “spaesati” e per tutta un’intera vita saremo alla continua ricerca del perché del nostro stare al mondo. Anche quando un orientamento alla vita lo abbiamo dato! E saranno, proprio, gli incontri che faremo a darci una “forma”, a regalarci fiducia e ad aprirci al futuro.
E’ stato così per Daniela che, nella sua adolescenza inquieta, ha lanciato, a Dio, il suo grido di aiuto… così è per tanti giovani del FRIAR che, a Monza, scelgono la vecchia filanda per incontrarsi e dare voce o parola al loro grido.
E’ stato così per Annalena Tonelli che ha saputo incontrare e ascoltare le tante grida, espresse o sommesse, dei suoi Somali, in Africa; o per Cristina che, in obbedienza alle sua mani d’oro, ha raggiunto la Cina e ha ascoltato le urla silenziose di tanti piccoli senza voce; grazie ad essi ha potuto plasmare il suo futuro come fisioterapista.
Un urlo che a volte è di tutto un popolo, quello Israeliano e quello Palestinese, così uniti e così divisi dai 70 anni che segnano la nascita dello Stato di Israele e tuttavia, entrambe, ancora in cerca di una terra promessa e di una casa.
Un urlo da ascoltare “orecchio a terra” come Dio ha ascoltato il grido del suo popolo ed è sceso per liberarlo. Un urlo che, come missionari e missionarie siamo chiamati a raccogliere, a fare nostro, insieme al nostro, e a presentarlo a quel Dio che solo rassicura tutti tra le sue braccia (Sl 131). Orecchio a terra, quindi per il grido dei giovani, dei migranti, delle donne e dei bambini, di tutti gli ultimi che attendono un incontro. Non manchiamo a questo appuntamento quotidiano!
sr. Antonia Dal Mas