La speranza ha un volto, e spesso è quello di chi ha dovuto lasciare tutto per cercare altrove una possibilità di vita. Papa Leone XIV, nel suo messaggio per la Giornata del Migrante, ci invita a riconoscere nei rifugiati e nei migranti non solo persone in cerca di protezione, ma autentici “missionari di speranza”. Nel loro cammino si riflette l’antica esperienza del popolo di Israele nel deserto, sostenuto dalla fiducia che oltre ogni pericolo esiste una promessa di pace. Come scrive il Santo Padre, “il loro coraggio e la loro tenacia è testimonianza eroica di una fede che vede oltre quello che i nostri occhi possono vedere”.
Ogni migrante porta con sé un dono nascosto per le comunità che lo accolgono. La loro presenza “va riconosciuta ed apprezzata come una vera benedizione divina, un’occasione per aprirsi alla grazia di Dio che dona nuova energia e speranza alla sua Chiesa”. Sono loro stessi a ricordarci la natura pellegrina della fede, quella dimensione itinerante che rischia di smarrirsi quando le comunità si chiudono in se stesse. I migranti cattolici diventano così evangelizzatori silenziosi, capaci di rivitalizzare con il loro entusiasmo spirituale tessuti ecclesiali appesantiti dalla routine.
Nel dialogo tra accoglienza e testimonianza si disegna una geografia della speranza che supera i confini geografici. Come ricordava San Paolo VI, “tutti i cristiani sono chiamati e possono essere, sotto questo aspetto, dei veri evangelizzatori. Pensiamo soprattutto alla responsabilità che spetta agli emigranti nei Paesi che li ricevono”. È questa la missio migrantium che il Papa incoraggia: una missione realizzata non solo verso i migranti, ma dai migranti stessi, portatori di percorsi di fede nuovi e di dialoghi interreligiosi radicati nella quotidianità.
Il Giubileo del Mondo Missionario, che si celebra in concomitanza con la Giornata del Migrante, rivela una verità luminosa: ogni pellegrino della terra porta dentro di sé il seme dell’annuncio. Non esistono frontiere nel cuore di chi ha scoperto la propria vocazione a essere ponte tra culture, testimone di una speranza che si fa carne nelle periferie dell’esistenza. In questo intreccio di cammini – quello del migrante che cerca rifugio e quello del missionario che porta il Vangelo – si disegna il volto autentico della Chiesa: una comunità in movimento, pellegrina tra i popoli, capace di riconoscere in ogni incontro l’eco di una chiamata universale alla fraternità.
La nostra congregazione si unisce alla preghiera della Chiesa universale, impegnandosi a essere strumento di accoglienza nel territorio che ci è affidato.