Il sogno di arrivare in Tchad, come missione collegata alla Provincia del Camerun era cominciato quasi senza volerlo, anzi diciamo la verità, non lo volevamo proprio. Una comunità era stata appena chiusa con sofferenza e delusione, aprirne un’altra faceva veramente paura. Ma si sa, quando il Signore chiama è difficile evitarlo ad oltranza, i segni che ci ha donato, hanno cominciato a mettere nel nostro cuore i suoi desideri, e dunque presto è diventato anche il nostro sogno.
I padri del PIME, rendendosi conto dell’esigenza dell’annuncio in questa zona, decidono di rinforzare la loro missione che era stata lasciata alla gestione di un solo padre, e perché no le suore? O meglio le Missionarie dell’Immacolata? Una casa è già là, segno di una presenza femminile di un Istituto che ha dato ciò che aveva fino a quando ha potuto. Le attività manco a inventarsele… mancano solo le persone disponibili a mettersi in gioco spinte dallo Spirito che soffia ad andare verso le periferie.
Si, perché Koupor è parte delle periferie della missione. Prima di tutto per il semplice motivo che la comunicazione è ancora lontano da essere virtuale: internet non funziona, il telefono è connesso a giorni alterni, mettendo in scena dei siparietti anche comici nel tentativo di informare le sorelle di ciò che avviene nella Provincia e nella Congregazione. Immemorabile in questo senso l’annuncio telefonico delle destinazioni, con la speranza che i nomi delle destinate coincidessero con la scelta della direzione generale.
In un mondo dove essere connessi diventa vita, necessità, talvolta dipendenza, restare nell’attesa, nella solitudine, nella distanza ci apre, pur nelle resistenze e nelle inevitabili fatiche, alla possibilità di una prossimità più vera con la gente che ci circonda, ci evita la fuga di restare con la testa ed il cuore nel nostro paese e ci obbliga alla scoperta più umile dell’altro.
Koupor è periferia perché ci chiede di accettare di vivere in una storia apparentemente bloccata negli anni senza l’illusione di poter cambiare tale situazione che ha radici nelle scelte politico economiche del Paese. Accettare di vivere in questa storia ci domanda il coraggio di vedere come per la gente non ci sia talvolta il necessario. Nella mia visita ho avuto la grande fortuna di assistere per la prima volta nella mia vita al parto di due madri, non vi nascondo l’inquietudine di constatare che non potevamo contare nemmeno sull’alcool per disinfettare. Ma allo stesso tempo la gratitudine e la consapevolezza che aldilà dei nostri criteri di efficienza c’è la presenza di un Dio che si prende cura delle sue creature. Ciò non significa dunque passività e rassegnazione, è piuttosto invito alla ricerca creativa dei piccoli passi da fare insieme, non come potenti che suggeriscono soluzioni, ma come sorelle che appoggiano iniziative.
Infine, Koupor è periferia perché Gesù chiede di poter prendere carne in un popolo che è interessato alla sua proposta e che ancora attende di conoscerlo in profondità, perché lui che è Seme possa donare frutti di novità in mezzo a questa gente.
Noi in questa periferia benedetta accettiamo la sfida di lasciarci cambiare, ne sentiamo l’appello per la rinascita anche di un entusiasmo missionario che dopo quasi cinquant’anni di presenza in Camerun rischia di assopirsi un po’ nella routine di attività che gestiamo da tempo.
Sr. Daniela Migotto, Provincia Camerun