“L’evangelizzazione sente, con forza, l’esigenza di accoglienza, di prossimità, perchè è uno dei primi segni di comunione che siamo chiamati a testimoniare come conseguenza dell’aver incontrato Cristo nella nostra vita.” Papa Francesco

Appartengo alla provincia di Vijayawada, India, e missionaria nella provincia Brasile Sud dal 2015.  Stavo attuando come missionaria in Feira di Santana quando sono stata trasferita alla comunità interprovinciale in Santa Rita do Weill, Amazzonia.

Sto lavorando qui dal mese di novembre del 2019. Faccio parte del COMIPA (COmmissione MIssionaria PArrocchiale) nella Parrocchia di Sao Paulo di Olivença. In Santa Rita do Weil per il momento stò attuando nell’area catechetica, sono ministro della Paroal e dell’Eucarestia. La nostra comunità è tra le etnie Kocamas, Ticunas e migranti dal Perù.

Quando sono arrivata qui ho pensato subito: ho lasciato una città grande con molte risorse nel cuore del Nordest e adesso sono in un piccolo villaggio nel cuore dell’Amazzonia dove ci coglie la bellezza della creazione di Dio.

Cosa ha richiamato la mia attenzione all’inizio di questa nuova missione? La distanza che esiste tra una città e l’altra e il trasporto che è solo fluviale e molto caro.

Lo stile di vita della nostra comunità che è molto semplice e flessibile dipendendo dal clima e dalla disponibilità di trasporto. Anche se a volte manca il cibo, non c’è l’acqua potabile, il sistema fognario, la banca, la sicurezza pubblica, ospedali, ect, le suore si sono adattate benissimo perchè desiderano attuare in questa missione.

Le persone qui sentono molto la mancanza del sacerdote. A volte passano mesi senza avere la celebrazione Eucaristica anche se facciamo tutte le settimana la celebrazione della Parola (Il culto domenicale).

Abitando qui ho avuta la possibilità di riflettere sui punti forti della mia vita a cui non posso rinunciare, come missionaria:

La mia vocazione missionaria mi spinge ad “andare oltre” e proclamare il Vangelo a tutti i popoli. Il mio desiderio è lavorare nelle periferie/nelle aree rurali delle città per stare accanto ai più poveri ed emarginati. Rispondere alle necessità che esisteno di accompagnare le comunità che hanno sete della Parola di Dio, avendo coscienza che è un processo molto lento di evangelizzazione.

La realtà qui è molto sfidante. Esiste un alto indice di gravidanza precoce, ci sono giovani che finiscono le scuole medie e non hanno nessuna prospettiva di futuro. Migrano venso le città per frequentare le superiori, ma molti si perdono nella droga, come usuari o trafficanti. Contrabbando, droghe, prostituzione, bevande alcoliche sono “il grido degli abitanti” di queste comunità del distretto di Santa Rita. A volte cercano dei missionari che li possano accogliere e li aiutino spiritualmente e materialmente. Al di là di tutto questo esistono anche problemi di accettazione tra le diversi tribù.

La cultura e le tradizioni indigene sono incredibili. Sono rimasta impressionata quando ho letto il libro del mito della creazione del mondo secondo la tradizione Ticuna. Eware, terra sacra.

Yo’i, dio di questa etnia che ha pescato nel igarapè, (torrente) de Eware. I disegni fatti sulla pelle i cui colori sono preparati con la frutta di jenipapo (frutta tropicale), che cura tutte le malattie e mali. I simboli che usano in Chiesa e sul corpo rappresentano gli animale e gli arberi che esistono nella foresta.

La festa della giovane ragazza ha una grande importanza nella cultura Ticuna. Partecipando di alcune feste e celebrazioni stò imparando a rispettare la cultura dei popoli nativi, a prendermi cura della natura dove Dio è presente e ad accogliere con cuore aperto le tradizioni, il modo di pensare delle varie etnie, senza avere preconcetti.

Ripensando al cammino fatto, ricordo di un fatto che è accaduto. La Diocesi di Tabatinga ha iniziato un corso di formazione per diaconi permanenti nel 2014. Hanno iniziato in 18 uomini e hano concluso in 13.

Il signor Antelmo è Ticuna e appartiene alla parrocchia Belém del Solimoes. All’inizio di quest’anno il vescovo Dom Adolfo ha accettato la sua richiesta di diventare diacono permanenete. A causa della sua anomalia visuale, causata dalla cataratta, ha ricevuto un aiuto economico dai frati cappuccini e da Don Adolfo per fare un’operazione chirurgia e così ha recuperato la vita ed ha potuto iniziare il cammino di formazione.

Noi, suore, abbiamo partecipato alla sua ordinazione diaconale. Sono venute con noi, a Belèm dos Solimoes, alcune persone dell’etnia Ticunas e Kocamas.Questa esperienza mi ha colpito molto. Siamo rimeste tre giorni nella comunità, abbiamo partecipato alle formazioni pastorali in lingua Ticuna e nella commissione di inculturazione “Valorizzazione culturale Ticuna” nell’uso degli abbigliamenti liturgici (per catechisti, dirigenti di culto, agenti della decima, cantori, diaconi…). L’obiettivo dell’incontro era riflettere su come includere nella celebrazione domenicare una lettura della mitologia sacra Ticuna, valorizzando non solo le decorazioni e pitture ma anche i materiali tradizionali al posto dei tessuti e metalli venuti da fuori.

La notte che ha preceduto l’ordinazione diacolane del sig. Antelmo c’è stato il rito della pittura del corpo con il liquido di jenipapo, nel quale si rappresentavano le 12 nazioni che sono nel mito della creazione. Anche il mio volto è stato pitturato per la prima volta con il jenipapo, rappresentando una nazione.

Nella mattinate del 15 marzo, la Chiesa è stata trasformata in una foresta sacra e la celebrazione è cominciata con danze e canti sulle sponde dell’igerapè. Hanno utilizzato gli strumenti, le vesti culturali e i simboli sacri del rito della “giovane donna”. Mentre cantavano le litanie dei santi e sante, la famiglia del signor Antelmo è entrata con il simbolo “Il Padre Vento”, colui che protegge da tutti i pericoli, secondo la tradizione Ticuna. In quell’occasione il vescono ha indossato una stola nello stile tradizionale Ticuna e a consegnato al signor Anterlo una stola fatta nello stile tradizionale dei Ticuna, una Bibbia in lingua Ticuna e un ciborio fatto con il guscio della noce di cocco.

Il signor Antelmo era il primo diacono permanente dell’etnia Ticuna.

é stata una bella celebrazione, vibrante e viva. Partecipando di questa celebrazione ho compreso che la terra, l’igarapè, la foresta, gli animali, il vento e altri elementi della natura sono sacri, proteggono e sostengono la vita delle persone. Ogni simbolo da loro utilizzato nelle celebrazioni e nei riti ha una grande importanza nella loro cultura.

Ringrazio i popoli nativi della terra amazzonica per la ricchezza culturale e le tradizioni, per l’opportunità che mi è stata data di partecipare a questa bella celebrazione che ha rappresentato parte della cultura Ticuna.

Ir. Sunitha Pamula, membro della comunità interprovinciale BRS – BRN.

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