Il mese missionario straordinario abbraccia l’universalità della Chiesa. Celebrare questo mese ci ha aiutato in primo luogo a rinnovare il senso missionario della nostra adesione di fede a Gesù Cristo, fede gratuitamente ricevuta come dono nel Battesimo. Tutta la Chiesa in questo tempo ha potuto sentire di più l’universalità, la passione e l’entusiasmo nell’annuncio del Vangelo.
In chiusura del Mese Straordinario Missionario, l’Ufficio di Cooperazione missionaria tra le Chiese e la Fondazione Missio hanno organizzato un Forum dal titolo “La missione fa la Chiesa: battezzati e inviati per la vita nel mondo” che si è svolto dal 28 al 31 ottobre presso la Fraterna Domus di Sacrofano (Roma). Il forum è stato organizzato per continuare a riflettere sul mese missionario e per presentare il tema pastorale proposto alla Chiesa italiana. I partecipanti erano I Vescovi incaricati delle Commissioni missionarie regionali, i direttori dei Centri missionari diocesani con le loro equipe, i rappresentanti degli Istituti Missionari e Religiosi, dei sacerdoti fidei donum, dei volontari Internazionali e dei laici missionari si sono trovati insieme per un discernimento comune.
La Chiesa nasce missionaria ed è missionaria per vocazione. Questo mese Missionario Straordinario è stato un’esperienza molto arricchente per me, suora missionaria impegnata in Italia, per far crescere sempre più la consapevolezza della mia vocazione e la gioia ad appartenere a questa “Chiesa in uscita”.
In questi giorni abbiamo potuto riscoprire come la vita di persona battezzata e inviata sia una ricchezza da donare, annunciare e comunicare. Ciascuno di noi è frutto dell’amore di Gesù, che ci chiede di camminare insieme nella Chiesa con uno spirito di dialogo, confronto, preghiera, comunione e condivisione. Come nucleo di quest’esperienza c’è la chiamata a convertirci all’interno del nostro stile di vita, nella relazione con Dio e con gli altri, per essere una Chiesa Samaritana che va incontro all’altro, una Chiesa Maddalena che annuncia Gesù risorto con gioia ed una Chiesa di Maria che cammina e accompagna i figli.
L’essere battezzati ci invita a riconoscere che Dio è creatore di tutti i popoli e che noi siamo figli e creature limitati. Questo ci rende fratelli, la cui presenza reciproca è un richiamo a prendersi cura dell’altro gratuitamente, per testimoniare la gioia del Vangelo. La fede non è una camicia da mettere e togliere facilmente, ma deve essere integra, una fede che salva e che testimonia. Nel cercare di assumere la forma di Cristo e di assomigliare a Lui, ogni cristiano si deve impegnare per costituire una pietra nella costruzione della Chiesa, che si identifica – come Gesù – con i poveri, gli abbandonati, i carcerati, i malati e gli esclusi. La vita deve essere continuamente rigenerata per essere una vita trasfigurata in Cristo e per rendere visibile la sua umanità. In questo tempo di società accelerate e in continuo cambiamento, ogni cristiano è chiamato ad essere consapevole del dono ricevuto e a dare alla propria vita la forma del Vangelo, senza escludere nessuno, ma accogliendo tutti gratuitamente e senza riserve.
Il battesimo, quindi, non costituisce solo un dono, ma un’identità, come si capisce bene dalle parole di Anita Cervi al termine dei laboratori:
“Il battesimo è un’identità che ha il volto di Cristo e ci rende figli e fratelli. È anche martirio e insieme gioiosa consapevolezza di essere Chiesa che accoglie e integra esperienze missionarie. La Chiesa deve essere accogliente, saper sorridere alla luce del Vangelo, non solo parola scritta ma incontrata attraverso l’altro”.
“Battezzati e inviati” non sono quindi solo due parole, ma due movimenti che caratterizzano i battezzati che non possono stare separati. Sono due movimenti effettivamente opposti, ma che in realtà si completano l’un l’altro. La dimensione dell’essere inviati ha senso infatti solo partendo dall’esperienza della vita vissuta, chiedendoci poi di uscire dagli schemi, dai piani ristretti, dai calcoli.
Altro punto importante scaturito dai laboratori è l’auspicio di una Chiesa autenticamente missionaria, perché l’importante oggi non è più “fare” missione ma “essere” missione nell’ascolto di Dio e dei fratelli. Una Chiesa che sia “all inclusive”, interconnessa, una Chiesa che sia ponte, pronta all’incontro con l’altro e a fare tesoro dell’esperienza dei rientrati dalla missione.
Il convegno si è concluso poi con uno slancio ed un sguardo verso il futuro, augurandosi per tutti noi che possiamo intraprendere strade anche rischiose, ma che ci aiutino a iniziare vie nuove, che ci sostengano per poter camminare insieme, prendere l’iniziativa, mettere al mondo qualcosa che non c’era e poi accompagnare, essere concreti, fruttificare. Insomma non per accomodarci nelle forme che ci sono già, ma per festeggiare la gioia del Vangelo nella novità, fino agli estremi confini della terra.
Sr. Mary Susila Antony Pillai, Provincia Italia