Sr. Shyla, indiana, attualmente missionaria in Italia, racconta la sua storia vocazionale e riflette sul fatto che Dio è presente e ci educa in ogni situazione.

Mi chiamo Shyla, ho risposto alla chiamata di Dio ventisei anni fa, nonostante l’opposizione dei miei fratelli. Dopo gli anni della formazione iniziale, in India, ho finalmente realizzato il sogno di quand’ero adolescente: diventare una missionaria! Fin da allora, ma soprattutto lavorando con le giovani che chiedevano di iniziare il loro discernimento vocazionale, ho sempre avuto il desiderio di gustare gli scritti originali dei nostri fondatori, di conoscerli nella lingua originale, per assaporare la loro passione missionaria e imparare da loro a viverla. Nel 2019 il mio sogno si compie un’altra volta: vengo inviata in Italia, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale del 2019 che ricordiamo con il tema: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”.

Sono arrivata a Milano a fine febbraio 2020, quando anche in Italia, a causa della pandemia tutto veniva chiuso o sospeso: scuole, visite, uscite, incontri, celebrazioni. Intorno si sentivano soltanto allarmi di ambulanze e la televisione annunciava per lo più notizie di morte.  Non mi è mancato, tuttavia, il tempo di pensare e riflettere su come Dio è presente e ci educa in ogni situazione. Mi interrogavo sul senso di questa apparente “sterilità”. In India sarei stata molto più “feconda” e impegnata, ma qui mi veniva data invece la possibilità di vivere quella fede che là “insegnavo”.

In quel periodo, nonostante tutte le “chiusure”, ho continuato a frequentare le lezioni in dad con il Pime per imparare l’italiano. Posso dire però che ho iniziato ad assaporare la bellezza della lingua quando sono stata trasferita alla comunità di Rossano (CS) il 16 ottobre 2021. L’accoglienza, l’affetto, il rispetto e l’accettazione da parte delle persone sono state il terreno su cui posso ancora oggi imparare, anche sbagliando. Chiunque incontro mi chiede: come vi trovate? o Come state? Cosa avete mangiato oggi? Con il ‘voi’, proprio come nella mia lingua, il Tamil, si usa rivolgersi agli anziani o ai “nobili”. Spostandomi ogni giorno dalla comunità ai luoghi della pastorale vedo colline e valli che mi ricordano spesso la sagoma dell’India, tutta decorata dai famosi fichi d’India che qui prosperano spontaneamente. Anche a tavola non mancano spezie e peperoncini per palati come il nostro. Chi lo avrebbe mai immaginato! Così, a tavola, con questi “condimenti” ho iniziato a sentirmi a casa.

Ma questo è stato solo il primo passo… di una lunga scalata che, partendo dai bambini per arrivare agli anziani, spesso mi richiede molto esercizio di pazienza e direi di “morte”. Non dimentico quello che madre Dones aveva scritto in una sua lettera: “Le opere di Dio fioriscono in mezzo a grandi sacrifici”. Il sacrificio di accettare di essere impacciata, imbarazzata e a volte frenata dalla paura, di sbagliare nell’esprimere il mio pensiero, o anche solo nel dire la mia. Mi consola sentir dire da sr. Antonia, con me in comunità, che anche per lei è stato più facile imparare il portoghese che il “calabrese”. Sì, perché a Rossano non si tratta solo di parlare l’italiano, ma di familiarizzarsi con la parlata popolare della gente che varia persino da Rossano, dove abitiamo, a Corigliano dove lavoriamo! E pensare che da qualche anno i due comuni sono stati unificati. “Fiorire dove Dio ci ha piantato!” Questa è un’altra sfida, non meno faticosa di quella che mi chiama a far fiorire le opere di Dio dentro e intorno a me.

Sr. Shyla Rayappan, Italia

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