L’EDITORIALE
Il numero di questo mese è un mosaico di esperienze dalle diverse missioni del Pime. Un mosaico di tessere irregolari tenute insieme dalla passione per il Vangelo, perché nella missione c’è spazio per tutti

Una piccola squadra di missionari del Pime lavora in Costa d’Avorio, Paese dell’Africa occidentale che certamente suscita poco interesse nel cittadino europeo medio. Proprio laggiù padre Romano Stucchi guida questo gruppetto di sognatori visionari che spendono tempo, vita, energie e denaro per un luogo a cui pochissimi rivolgono lo sguardo.

Padre Toni Vendramin, nel 1990, inizia la storia del Pime in una nazione del Sud-Est asiatico che noi occidentali sappiamo solo collegare a due nomi: Pol Pot e Khmer Rossi. A trent’anni dall’inizio di quell’avventura in Cambogia, che ha aiutato una piccolissima Chiesa a crescere e prendere forma, la squadra degli evangelizzatori del Pime in questo bellissimo Paese è costituita da dieci missionari.

Suor Roberta Pignone è responsabile di un ospedale per lebbrosi nel Sud del Bangladesh. Una “doppietta” interessante: un contesto a cui nessuno guarda e una categoria di malati che non vengono nemmeno accolti negli ospedali governativi. Eppure questa suora, con le consorelle Missionarie dell’Immacolata, spende la sua vita per questa “doppietta” che potrebbe apparire assolutamente perdente.

Il giovane Alessandro Albani, dall’India, ci racconta la bellezza di una vocazione doppia: missionari e professionisti. È quella dei fratelli del Pime, che mettono a disposizione la loro professionalità in situazioni dove non troveranno certo la possibilità di una remunerazione allettante. L’Alp, Associazione Laici Pime, compie a sua volta 30 anni e continua a formare e inviare nei contesti in cui è presente l’Istituto missionari laici che mettono a disposizione le loro competenze a favore delle nostre opere per periodi di tre o cinque anni.

Un mosaico interessante di storie e volti dell’evangelizzazione molto diversi fra loro, che parrebbero non poter stare insieme per la loro marcata eterogeneità: eppure la passione per il Vangelo tiene unite le tessere di questo mosaico irregolare e allo stesso tempo armonico e bello nella sua diversità. Verrebbe da dire che ognuno può trovare spazio, posto, nella vicenda missionaria del Pime, ma anche nella storia missionaria di tutta la Chiesa. Davvero ognuno di noi, là dove si trova, con la sua professionalità, con le carte anche semplici che ha in mano, con ciò che ha da offrire, può essere annunciatore del Vangelo nella modalità che gli è più naturale e confacente. In quest’ottica si capisce che annunciare non è cosa poi così complicata, non è una questione da relegare ai “professionisti” dell’annuncio ma compete a ognuno di noi, così come siamo e là dove ci troviamo. Basta avere un Tesoro nel cuore da comunicare: il Signore Gesù morto e risorto. Tutto il resto è contorno, è secondario e funzionale a questo Tesoro di immensa bellezza che ogni missionario porta nel cuore, custodendolo e donandolo alle persone e ai popoli che incontra, fossero anche i meno “interessanti” della Terra. Ognuno di noi può essere la tessera irregolare di quel mosaico armonico che Dio realizza con i volti di chi annuncia il Vangelo là dov’è.

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