Negli anni di vita a Hong Kong ho spesso celebrato la Messa per la comunità italiana presso la cappella dell’ospedale Canossa. Ricordo al centro di essa una grande immagine di Bakhita, una donna nata nel Darfur (Sudan) nel 1869. Non ne conoscevo bene la storia e chiesi alle suore canossiane un libro che ne raccontasse la vita. Mi impressionò la lettura del doloroso calvario della bambina, che visse poi la sua vita adulta di emancipazione e dedizione nella terra veneta da cui provengo.
Rapita a sette anni e ridotta in schiavitù, Bakhita fu riscattata nel 1884, a 15 anni, dal console italiano in Sudan. Condotta in Italia, dopo vicissitudini piuttosto incredibili, fu dichiarata libera, aderì alla fede cattolica e divenne suora canossiana. Morì a Schio nel 1947 e venne proclamata santa da Giovanni Paolo II il primo ottobre del 2000 (insieme ai 120 martiri di Cina).
L’8 febbraio 2014 Papa Francesco, insieme all’Unione internazionale delle superiore e dei superiori degli Istituti religiosi, promosse, proprio nel giorno della memoria liturgica di santa Bakhita, la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone.
Siamo nel secondo mese del Giubileo, che è una profezia biblica che include, tra gli obiettivi, la liberazione degli schiavi. La nostra rivista ripropone questo tema affrontando due questioni: il grave sfruttamento lavorativo presente anche in numerose aree dell’Italia e la violenza sul corpo delle donne, inflitta con la pratica dell’infibulazione. La stessa bambina Bakhita subì sul suo corpo orribili torture: numerose marchiature furono poi incise e coperte di sale e produssero, oltre al dolore lancinante, cicatrici indelebili.
Lo sfruttamento e la violenza sul lavoro e sul corpo delle persone, in particolare delle donne, sono purtroppo pratiche non solo del passato ma anche del nostro presente; non accadono esclusivamente all’estero ma anche in Italia. Sono conseguenze di un sistema culturale, economico e politico disumano, invisibile ai più, e che balza timidamente agli onori della cronaca solo quando accadono episodi di violenza atroce, come la sconcertante morte del bracciante indiano Satnam Singh, avvenuta il 19 giugno dello scorso anno nella provincia di Latina.
Leggendo la narrazione di questa tragedia del nostro tempo mi rendo conto che essa non mette in discussione solo la scarsa capacità trasformativa di noi cristiani e di noi missionari, ma anche il deficit di umanità di una società che si è dichiarata o si dichiara ancora ispirata ai valori della Bibbia e del Vangelo. Quando invece il Vangelo continua a essere calpestato nelle campagne che producono, insieme alla morte degli schiavi, il cibo dei nostri mercati e delle nostre tavole.
Gianni Criveller, Mondo e Missione di Febbraio 2025