Ho iniziato il mio ministero come missionaria medico nel 1996 e sono a servizio dell’umanità nell’ospedale Sacro Cuore in Gudivada dal 2013. Ciò che mi ha spinta a lavorare come medico è stata la compassione di Gesù per l’umanità. Il suo desiderio era di non vedere nessuno soffrire, ammalato o in lacrime. Infatti, per volere guarire tutti, lui stesso si è fatto sofferente per noi perché noi potessimo essere guariti dalle sue piaghe (1Pt. 2:24). Per Gesù guarire le persone era parte irrinunciabile del suo annuncio. Infatti quando i discepoli di Giovanni si sono recati da lui per chiedere sulla sua identità, Gesù ha risposto di riferire a Giovanni ciò che essi avevano visto, ossia le guarigioni da lui compiute (Lc. 7:22).
Le guarigioni che Gesù compiva erano una lotta contro il potere del maligno e questa è stata per me la spinta profonda a lavorare per una società migliore, a dare tutta me stessa per alleviare le sofferenze dell’umanità. Nel mondo contemporaneo sono poche le persone che godono di buona salute. Molte persone, anche se non hanno malattie fisiche, soffrono in modo emotivo, psicologico, mentale e spirituale. Nell’ascolto cerco di capire i problemi e le situazioni difficili delle persone. Sono convinta che la medicina non sia l’unica soluzione dei problemi, ma tante volte siano piuttosto la vicinanza e l’incoraggiamento che guariscono le persone.
La gente semplice dei villaggi si accosta al medico come se si accostasse a Dio, per risolvere i propri problemi fisici, mentali, emotivi, o psicologici. Questo è stato per me una doppia sfida che mi ha portata ad accrescere il mio rapporto con Dio e con la Sua divinità. La cura dell’ammalato richiede una profonda fede in Dio, per cui la preghiera diventa la mia arma potente che mi sostiene nel mio ministero di medico per poter essere immagine di Dio e avere fede in Lui. Senza la preghiera sarebbe difficoltoso per me avere un impatto positivo nella vita dei pazienti. Tante volte mi trovo come all’incrocio di una strada, dove sono chiamata a prendere una decisione rapida fra la vita e la morte, dove l’agire con ritardo potrebbe costare la vita di qualcuno; in quel momento seguo la voce di Dio, la voce della coscienza che mi spinge a procedere o a retrocedere nell’azione. E’ molto importante per me come medico stare unita al Signore e prendere giuste decisioni che possano avere un impatto duraturo, sia per il paziente che per la famiglia.
La vita comunitaria vissuta nella gioia e la testimonianza di vita gioiosa come religiosa, accresce i frutti nel mio apostolato. Godo di ogni momento comunitario, sia i momenti delle pratiche comunitarie, o la preghiera, la ricreazione e lo stare insieme a tavola. Questo mi apre gli orizzonti e ci unisce l’una all’altra come corpo apostolico per l’annuncio del Vangelo. Spesso ci capita di essere preoccupate per alcune situazioni complicate dei nostri pazienti o per casi molto seri che arrivano alle porte dell’ospedale: in quei momenti la comunità diventa una risorsa di coraggio e di forza per affrontare le situazioni. La cooperazione delle sorelle nell’ospedale, inoltre, mi dà forza per lavorare superando il peso delle fatiche.
Ciò che mi da profonda soddisfazione nel mio lavoro di medico e che mi invita ad una radicale trasformazione è il fatto di sentirmi un piccolo strumento nelle mani di Dio. Lui si serve di me per dare vita a qualcuno. Nella mia fragilità Lui mi usa per dare gloria al Padre del Cielo. A volte mi trovo a guardare le mie mani e a lodare il Signore pensando che sono le Sue mani a operare i miracoli attraverso di esse.
Per concludere riporto un detto famoso : “Dio non può essere presente dappertutto, per questo ha creato le madri; gli Angeli non possono essere dappertutto, per questo ci sono i medici “. La nostra vita di medici ci chiama a combattere contro il tempo, a lavorare senza contare le ore pur di portare un sorriso alle persone. L’augurio è che tutti noi, chiamati da Dio per compiere la missione di dottori, farmacisti, infermieri e anche chirurghi, possiamo continuare ad essere Angeli per alleviare le sofferenze dei fratelli.
Sr. Betty Peter, ospedale del Sacro Cuore a Gudivada
Sr. Betty Peter Payyappilly viene dal Kerala, uno Stato al sud dell’India.
È Missionaria dell’Immacolata dal 1988. Nel 1995 si è laureata in medicina e chirurgia. Già dal tempo del noviziato si vedeva in Sr. Betty un’inclinazione verso gli ammalati e le persone deboli. Ancora prima di completare gli studi si era già messa a servizio degli ammalati in diversi ospedali dell’Andhra Pradesh. Dal 2013 compie il suo servizio di medico nell’ospedale Sacro Cuore di Gudivada.