Una ventata di speranza ha raggiunto Roma con i giovani venuti a celebrare il loro giubileo. Per le strade, allegri, pieni di entusiasmo, giocosi, andavano cantando parole di fede, scambiando gesti di saluto e prossimità con altri giovani, con i residenti, con i turisti. Durante gli incontri di catechesi e di preghiera, silenziosi, assorti in meditazione, erano pronti a condividere e rispondere per dare ragione della loro fede. 

Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo partecipato a questo evento, uno dei più grandi del giubileo. Chi come ministro dell’eucaristia si è messa a disposizione nella messa di benvenuto e nella messa finale a Tor Vergata per distribuire la comunione, chi ha offerto il suo servizio nella parrocchia universitaria per l’accoglienza dei giovani e la preparazione della colazione, chi ha lavorato nella comunicazione, chi ha accompagnato i giovani nel loro pellegrinaggio da varie parti d’Italia e del mondo. 

Nella nostra comunità di Torre Gaia abbiamo ospitato una cinquantina di giovani e ogni sorella, chi più e chi meno, ha offerto qualche servizio perché i giovani si sentissero a casa.

Altre hanno offerto le loro doti artistiche in diversi momenti. Il noviziato internazionale ha organizzato una giornata di animazione con danze, canti e attività di tutti i continenti nello spazio dedicato agli istituti missionari situato di fronte al carcere Mamertino. Sr. Chiara ha suonato la batteria con il gruppo Diorama nel pomeriggio di animazione che precedeva la veglia a Tor Vergata. Si potrebbe raccontare questo giubileo con tre parole: contagio gioioso, incontro e speranza.

Contagio gioioso 

Il passaggio dei giovani per Roma non è stato solo uno spettacolo piacevole da guardare. Chi si fermava a osservarli vedeva il proprio sguardo illuminarsi, la bocca aprirsi in un sorriso involontario. Un soffio di entusiasmo ha contagiato anche noi che li abbiamo accolti, un’energia che Papa Leone aveva previsto durante la messa di benvenuto: “Avrete l’opportunità di essere una forza che può portare la grazia di Dio, messaggio di speranza, una luce alla città di Roma, all’Italia e a tutto il mondo”.

L’invito finale del pontefice a Tor Vergata è risuonato come una consegna: “Continuate a camminare con gioia sulle orme del Salvatore, e contagiate chiunque incontrate col vostro entusiasmo e con la testimonianza della vostra fede!

Incontro

Il giubileo è diventato geografia di incontri. Giovani di diverse culture che si sono scambiati conoscenze, hanno condiviso aspettative, hanno dialogato con la città attraverso l’arte, la musica, lo sport. I giovani italiani e i ragazzi di Hong Kong ospiti in casa nostra hanno vissuto una mattinata di condivisione, ascoltando testimonianze missionarie che hanno fatto risuonare la universalità della chiamata alla fede.

È stato anche incontro tra generazioni: i giovani che ammiravano con rispetto le sorelle più anziane per la loro esperienza missionaria, e noi che facevamo nostro il loro entusiasmo e la loro voglia di vivere.

Papa Leone ai missionari digitali ha consegnato un’immagine forte: “Andate a riparare le reti. Gesù ha chiamato i suoi primi apostoli mentre erano intenti a riparare le loro reti da pescatori (cfr Mt 4,21-22). Lo chiede anche a noi, anzi ci chiede, oggi, di costruire altre reti, reti di relazioni, reti d’amore, reti di condivisione gratuita, dove l’amicizia sia autentica e profonda. Reti dove si possa ricucire ciò che si è spezzato, dove si possa guarire dalla solitudine…  Reti che danno spazio all’altro più che a sé stessi… Reti che liberano, reti che salvano. Reti che ci fanno riscoprire la bellezza di guardarci negli occhi. Reti di verità. Così, ogni storia di bene condiviso sarà il nodo di un’unica, immensa rete: la rete delle reti, la rete di Dio” 

Speranza 

I giovani del giubileo rappresentano la speranza per il futuro. Come ha detto il Papa: “Voi siete il segno che un mondo diverso è possibile: un mondo di fraternità e amicizia, dove i conflitti si affrontano non con le armi ma con il dialogo”. Uniti a Gesù come i tralci alla vite, saranno semi di speranza ovunque vivano: in famiglia, nella scuola, al lavoro, nello sport. Tornando ai loro Paesi portano quella gioia contagiosa respirata a Roma, la certezza che l’incontro autentico è possibile.

Sr. Emanuela Nardin

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