“Gesù prese il sordomuto in disparte, lontano dalla folla”

(Mc 7,33) 

Una nuova terra, lo stesso grido del cuore

Quando sono entrata in un nuovo Paese, portando con me i ricordi della mia vita missionaria in Papua Nuova Guinea, pensavo di entrare in un mondo completamente diverso. Ho presto scoperto che la sofferenza e la nostalgia umana hanno lo stesso volto ovunque. Ciò che cambia è solo lo sfondo, le strade, le lingue, le culture. Il grido del cuore umano, soprattutto dei bambini, è universale.

Nella vivace capitale di Yaoundé, in Camerun, sono stata profondamente colpita da una scena che ancora mi rimane impressa. Ai punti di svolta del traffico intenso, in mezzo al rumore e alla fretta, stavano dei bambini piccoli, alcuni di dodici anni, altri di appena sette. I loro corpi fragili non portavano alcun oggetto, né zainetti, né giocattoli, ma solo speranza. Non pretendevano, ma aspettavano, con gli occhi in attesa di un gesto di gentilezza: forse una moneta, un pezzo di pane, o anche un sorriso che assicurasse loro di essere visti e apprezzati.

Sorrisi più forti della povertà

Mi hanno colpito molto i loro volti. Nonostante la fame e l’incertezza, c’erano tracce di gioia, coraggio e resilienza. I loro sorrisi non erano segni di negazione, ma di speranza sfidante, una speranza che crede che il domani possa essere migliore. Quel piccolo scorcio mi ha ricordato qualcosa di profondo: la speranza spesso sboccia nei luoghi più improbabili, sulle strade polverose, agli incroci del traffico, nei cuori dei bambini che non possiedono nulla, ma che portano con sé tutto ciò di cui l’umanità ha bisogno: fiducia, apertura e coraggio di aspettare.

Il Vangelo dell’attenzione e dell’ascolto

Questa esperienza ha suscitato in me il ricordo di Gesù e del sordomuto. In mezzo alla folla che incalzava, Gesù scelse di non fare un miracolo spettacolare. Invece, attirò l’uomo in disparte, facendogli dono di un’attenzione totale, ascoltandolo con tutto il cuore. Quel gesto di tenerezza ci insegna qualcosa di vitale: l’amore inizia quando ci prendiamo il tempo di notare chi non viene notato, di ascoltare dove gli altri tacciono e di stare accanto a chi è solo.

I bambini sul ciglio della strada sono come quel sordomuto perso nella folla della società, non ascoltato, non visto, spesso trascurato. Eppure, proprio come Gesù ha teso la mano, mi chiedo: Ho un cuore che ascolta? Offro una preghiera silenziosa? Faccio un passo avanti, anche se questo significa fare una pausa nel mio cammino affrettato?

Una chiamata oltre le strade

La mia speranza al di là delle strade non è solo un’emozione passeggera, ma un invito all’azione. Questi bambini mi ricordano che la missione non è confinata alle mura della chiesa o alle aule scolastiche, ma si vive nelle strade aperte, dove la vita è cruda e reale. I loro occhi non chiedono pietà, ma compagnia, dignità e la possibilità di essere ascoltati.

Mentre porto avanti questa visione, desidero che la mia missione sia plasmata da ciò che ho visto e provato. Sogno di essere un ponte di compassione, un canale attraverso il quale i bambini dimenticati possano trovare non solo pane per il corpo, ma anche nutrimento per l’anima. Spero di creare spazi in cui siano ascoltati, istruiti, accuditi e abbracciati come portatori della luce di domani.

Camminare accanto alla speranza

Questa non è solo una missione cristiana, è una missione umana. Ogni cultura, ogni fede, ogni tradizione ci insegna che i bambini sono sacri. Sono i semi del futuro e la loro risata è il linguaggio della speranza. Il mio viaggio è proteggere quella risata, innaffiare quei semi e stare al loro fianco mentre crescono in pienezza.

Quindi, quando guardo oltre le strade, non vedo solo povertà, ma anche possibilità. Vedo la speranza nascere da vite fragili. E scelgo di camminare con loro, non davanti, non dietro, ma accanto. Questa è la missione che porto nel cuore.

La speranza oltre le strade inizia con un cuore che ascolta, un atto di gentilezza, una scelta di vedere in ogni bambino non un mendicante, ma una luce per il domani. Questa è la missione che ho abbracciato e questo è il viaggio che vi invito a condividere.

Sr. Martha Salom, Camerun

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